Vivere da laici oggi

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enricorns
00venerdì 21 novembre 2008 16:39
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XXIII ASSEMBLEA PLENARIA
PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI
ROMA, 13 – 15 NOVEMBRE 2008
“Vivere da laici oggi”
Dott. Salvatore Martinez
Presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo
Laici come testimoni del realismo cristiano
Vorrei rispondere all’affermazione che fa da sfondo a questa breve comunicazione “Vivere da laici
oggi” con una lapidaria sentenza di S. Paolo ai Colossesi: «La realtà è Cristo» (Col 2, 17). Oggi,
come ieri, vivere da laici significa anzitutto fare di Cristo il fondamento di tutta la realtà; di più fare
di Cristo la realtà.
Nella sua meditazione in occasione della prima Congregazione Generale del Sinodo sulla Parola, il
6.X.2008, il Papa Benedetto XVI affermava: «Dobbiamo cambiare il nostro concetto di realismo.
Per essere realisti dobbiamo contare sulla Parola di Dio, fondamento di tutta la realtà. Realista è
chi costruisce la sua vita su questo fondamento che rimane in permanenza».
La misura della nostra laicità è uno spazio antropologico e non appena teologico. La nostra laicità
parte dal reale, lo include, lo assume, aspira a trasfigurarlo, perché aprirsi alla signoria di Cristo
significa aprirsi all’uomo, a tutto l’uomo.
A viso scoperto, senza vergogna, riproducendo l’identità di Cristo. «Io, ma non più io» ricordava
Benedetto XVI a Verona in occasione del IV Convegno Nazionale delle Chiese d’Italia. E
aggiungeva: «È stata così cambiata la mia identità essenziale ed io continuo ad esistere soltanto in
questo cambiamento» (Discorso ai partecipanti al IV Convegno Ecclesiale Nazionale, 18.10.2006).
Essere laici cristiani significa vivere una vita paradossale, essere uomini di sofferenza che seppure
segnati dalla condizione terreste si sforzano di non deturpare la bellezza e di non attenuare la gioia
che provengono dal Vangelo di Cristo.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha spalancato un nuovo e magnifico orizzonte ai laici,
interpellati con coraggio e fiducia a non disertare la storia. Al n. 3 i laici sono invitati «a guardare
in faccia questo nostro mondo»; e al n. 9, riprendendo una definizione che fu di Pio XII: «I fedeli, e
più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa».
Bello a dirsi; arduo a darsi! Ma incoraggia sapere che noi laici cristiani possiamo essere la Chiesa
che genera una speranza creatrice nel mondo con i carismi, le intelligenze, le buone prassi, i talenti
professionali di cui siamo portatori.
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Ha scritto il cardinale J. Ratzinger: “Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può
far ritorno presso gli uomini” (“L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”; Subiaco,
01.04.2005).
È racchiuso in questa splendida definizione il segreto della nostra laicità. Uomini e donne nel cui
petto sussulta le verità dell’amore di Dio; profeti non utopisti, che guardano il disordine morale e
spirituale del mondo evocando un'altra laicità, un’altra possibilità di essere uomini e uomini felici
su questa terra.
Per salvare l’uomo dalla penosa alienazione in cui vive è necessario riportare Dio nel cuore e nella
storia dell’uomo. Non sarà il potere mondano a salvare l’uomo, non sarà l’economia a sfamare
l’uomo: solo Dio, il Dio vivo e vero, entra nella storia e la redime percorrendo la via dell’umiltà,
della semplicità, della povertà.
Vivere da laici cristiani significa attestare che la nostra fede in Cristo non è l’evasione degli uomini
nel mondo di Dio, ma l’invasione di Dio nel mondo degli uomini. Siamo uomini e donne che,
ineludibilmente segnati dall’esperienza dello Spirito, obbediscono alla legge dell’incarnazione del
Vangelo facendosi tutto a tutti.
Vivere da laici cristiani significa testimoniare che la nostra fede non è mondana, ma è per il mondo.
È coinvolta con il mondo e deve coinvolgere il mondo. Come ha scritto il celebre martire cristiano
evangelico del Novecento, Dietrich Bonhoeffer, «noi cristiani dobbiamo tornare all’aria aperta;
dobbiamo tornare all’aria aperta del confronto spirituale con il mondo» (in “Resistenza e Resa”).
«Bisogna ristabilire l'unione e la sintesi dell'umano e del cristiano, superando l’errore della
modernità che è consistito nel separare e contrapporre Umanesimo e Cristianesimo, così da fare
dell'Umanesimo un'entità divina e del Cristianesimo un affare privato, un affare di coscienza di cui
dovrebbero occuparsi solo i preti e i bigotti». Lo affermava dal suo esilio londinese il servo di Dio
don Luigi Sturzo, statista, tra i padri fondatori della democrazia europea, dandoci un criterio di
discernimento ancora valido per cogliere l’autenticità della nostra laicità.
Laici come uomini spirituali tra eternità ed interiorità
La nostra laicità cristiana regge da duemila anni, così come la Chiesa nonostante tutti i furiosi
assalti del male, perché Gesù è risorto, perché Gesù è sempre vivo tra noi e dal di dentro degli
avvenimenti contorti della storia umana, sta portando avanti la colossale battaglia contro il peccato
degli uomini e contro l’orgoglio di satana.
Pertanto, la nostra laicità trova sempre nuova linfa se si innesta nel miracolo della risurrezione di
Gesù. Perché la risurrezione di Gesù fa la storia; la risurrezione di Gesù fa bella l’umanità, perché
l’avvolge della gioia di Cristo. “Nessuno è felice come un vero cristiano, né – come lui –
ragionevole, virtuoso, amabile” affermava Blaise Pascal (in “Pensieri”, 541).
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L’uomo contemporaneo sta smettendo di credere al Paradiso e va trasformando la sua vita in
qualcosa che somiglia all’inferno. Chi insegnerà alle generazioni future l’arte di vivere, se
supinamente permettiamo che il regno del soggettivismo esasperato continui a produrre e a
giustificare il moltiplicarsi di crudeltà e violenza? Perché l’egoismo è scuola di crudeltà.
Quando la Chiesa proclama, forte e chiaro, che Gesù è vivo, che Cristo è Risorto, offre il Vangelo al
mondo senza riserve, senza complessi d’inferiorità e si prende cura di ogni uomo insegnandogli ad
amare.
Vivere da laici cristiani significa non sapersi, non sentirsi soli. Dentro e fuori di noi è al lavoro lo
Spirito Santo. È lo Spirito che educa e rieduca i cristiani ad investire in eternità, cioè a sfuggire gli
orizzonti miopi del mondo. Lo Spirito dona ai laici di ogni secolo uno sguardo escatologico,
orientato alle cose del cielo.
Per vivere da laici cristiani occorre chiedersi se il nostro linguaggio è orientato alle realtà celesti.
Orienta all’immortalità terrena – come vorrebbe l’alleanza laicista tra scienza e tecnologia – o alla
vita eterna, come invece reclama la nostra fede? È facile constatare che il nostro linguaggio si sta
facendo sempre più povero: stiamo smettendo di parlare – poiché i più tacciono – di tutte le cose
che più ci interessano da credenti e da uomini: la verità di Dio sull’uomo, la speranza, il dolore, il
senso ultimo della vita, l’interiorità, la morte, la risurrezione, il paradiso, l’inferno, il giudizio.
Occorre trovare un livello di parola, di comunicazione più profondo. Dobbiamo dare voce
all’interiorità: iniziare i credenti al linguaggio dell’interiorità, liberando e guarendo la parola che è
ammalata di esteriorità, che non sembra più riconoscere le mozioni dello Spirito, i suoi richiami.
Vivere da laici cristiani è mostrare che c’è già un al-di-là all’interno delle nostre vite.
Noi laici figli del Novecento possiamo vantare una grazia speciale: avere riscoperto in profondità e
in estensione la spiritualità evangelica fondata sulla Parola di Dio. Si veniva da un tempo che era
stato definito di esilio della Parola nella Chiesa. Ebbene, il Novecento, secolo dello Spirito, torna al
Vangelo, riscopre la Parola di Dio come fonte primaria e norma di vita spirituale.
Questo ritorno al Vangelo è stato uno dei paradigmi spirituali più significativi della Chiesa a
cavallo tra due millenni, direi uno dei veri fattori di rinnovamento ecclesiale. Sono nati così nuovi
carismi legati all’evangelizzazione, movimenti e comunità dediti alla missione e alla testimonianza
della carità.
Noi siamo laici che hanno trovato nella Parola pregata e vissuta una sicura introduzione alla vita
nello Spirito, una vita che lo Spirito continuamente purifica, illumina, guida verso nuovi progressi.
Vivere da laici cristiani significa essere nati nella Parola, dalla Parola trovare ispirazione, con la
Parola aprire a Cristo le porte del mondo, per la Parola essere costituiti profeti, ministri, testimoni
che lo Spirito usa mediante carismi sempre nuovi.
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Per una Cultura della Pentecoste
La nostra laicità si alimenta dell’interrogazione, dell’introspezione. C’è una domanda su tutte che si
agita in noi: che fiducia abbiamo nella presenza e nell'azione dello Spirito Santo, in questo nostro
tempo, nei travagli della cultura del nostro tempo? Un nuovo millennio di vita cristiana è sorto, ma
quale premessa abbiamo posto perché la verità di Cristo e il pensiero umano si incontrino, perché la
terra non sfidi il cielo, perché l’amore di Dio non sia elemento accessorio nella costruzione del
nuovo mondo?
Il Rinnovamento nello Spirito ha ricevuto da Papa Giovanni Paolo II una speciale missione,
consegnataci nel 2002: «Nel nostro tempo, avido di speranza, continuate ad amare e a fare amare
lo Spirito Santo. Aiuterete a far sì che prenda forma quella cultura della Pentecoste che sola può
fecondare la civiltà dell’amore e della convivenza tra i popoli» (Udienza privata ai responsabili del
Rinnovamento nello Spirito, nel XXX anniversario della nascita del Movimento in Italia, 14.03.
2002).
Al mondo manca ancora la lezione di fraternità universale della Pentecoste; alla teologia dominante
manca ancora la cultura del soprannaturale della Pentecoste; ai sistemi politici e sociali manca
ancora il dinamismo d’amore della Pentecoste!
Siamo laici generatori di una nuova cultura, la cultura della Pentecoste che è l’antidoto al “male
oscuro” del mondo. La cultura della Pentecoste è l’esatto contrario della cultura del relativismo: si
coniuga con il “noi” dello Spirito e non con l’“io” egolatrico del relativismo.
A Pentecoste si inaugura la civiltà dell’amore, perché lo Spirito è benefico ed amico degli uomini,
fondatore della nuova antropologia portata da Cristo.
Ci ricorda a tal proposito Giovanni Paolo II: “Lo Spirito Santo rende la Chiesa amica di ogni
autentica ricerca del pensiero umano e stima sinceramente il patrimonio di sapienza elaborato e
trasmesso dalle diverse culture. In esso ha trovato espressione l'inesauribile creatività dello spirito
umano indirizzato dallo Spirito di Dio verso la pienezza della verità” (Udienza generale, 16
settembre 1998).
A Pentecoste scaturisce una nuova sociologia, quella sociologia del soprannaturale cara a L.
Sturzo, H. De Lubac, K. Rahner), un nuovo umanesimo permeato dei valori dello Spirito, una
lettura del sociale che include lo spirituale e non lo esilia forzatamente.
Così rivive il Vangelo, rinasce la Chiesa, rifioriscono gli amici di Gesù!
Lo Spirito riempia il nostro cuore di verità, di certezza, di energia. Sia per noi il Maestro interiore
che non assordisce, che non fa paura, che non distrae, che non offende, che si appella al nostro
pensiero, alla ragione, alla volontà, al sentimento e ci rende inalterabilmente nuovi.
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