VI DI PASQUA

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enricorns
00sabato 16 maggio 2009 13:48
MESSA VIGILIARE DELLA DOMENICA VI DI PASQUA

VANGELO DELLA RISURREZIONE

Annuncio della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo secondo Giovanni 21, 1-14

Dopo questi fatti, il Signore Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Cristo Signore è risorto! Alleluia, alleluia!
® Rendiamo grazie a Dio! Alleluia, alleluia!
enricorns
00sabato 16 maggio 2009 15:08
Letture Rito Ambrosiano
 
At 26,1-23; Sal 21; 1Cor 15,3-11; Gv 15,26-16,4
 
 
 
LETTURA
Lettura degli Atti degli Apostoli 26, 1-23


In quei giorni. Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, fatto cenno con la mano, si difese così: «Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi difendere oggi da tutto ciò di cui vengo accusato dai Giudei, davanti a te, che conosci a perfezione tutte le usanze e le questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. La mia vita, fin dalla giovinezza, vissuta sempre tra i miei connazionali e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; essi sanno pure da tempo, se vogliono darne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto secondo la setta più rigida della nostra religione. E ora sto qui sotto processo a motivo della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri, e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. A motivo di questa speranza, o re, sono ora accusato dai Giudei! Perché fra voi è considerato incredibile che Dio risusciti i morti? Eppure anche io ritenni mio dovere compiere molte cose ostili contro il nome di Gesù il Nazareno. Così ho fatto a Gerusalemme: molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con il potere avuto dai capi dei sacerdoti e, quando venivano messi a morte, anche io ho dato il mio voto. In tutte le sinagoghe cercavo spesso di costringerli con le torture a bestemmiare e, nel colmo del mio furore contro di loro, davo loro la caccia perfino nelle città straniere. In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con il potere e l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti, verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. Tutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo”. E io dissi: “Chi sei, o Signore?”. E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perséguiti. Ma ora àlzati e sta’ in piedi; io ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto di me e di quelle per cui ti apparirò. Ti libererò dal popolo e dalle nazioni, a cui ti mando per aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità, in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me”. Perciò, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste, ma, prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di pentirsi e di convertirsi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione. Per queste cose i Giudei, mentre ero nel tempio, mi presero e tentavano di uccidermi. Ma, con l’aiuto di Dio, fino a questo giorno, sto qui a testimoniare agli umili e ai grandi, null’altro affermando se non quello che i Profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo avrebbe dovuto soffrire e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti».

SALMO
Sal 21

® A te la mia lode, Signore, nell’assemblea dei fratelli. oppure ® Alleluia, alleluia, alleluia.

Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe.
Scioglierò i miei voti
davanti ai suoi fedeli.
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra. ®

Davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.
A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere. ®

Io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!». ®

EPISTOLA
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15, 3-11

Fratelli, a voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè / che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture / e che fu sepolto / e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture / e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 15, 26 - 16, 4

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto. / Non ve l’ho detto dal principio, perché ero con voi».
enricorns
00sabato 16 maggio 2009 16:25
Commento al Vangelo del 17 maggio
Il Consolatore
VI Domenica di Pasqua
15.05.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Il Vangelo di questa domenica ci propone parole del Signore che preparano al tempo della sua assenza, o meglio al tempo di una sua diversa presenza in mezzo a noi. Due parole assai diverse: l’una di conforto, l’altra di messa in guardia.
Il tempo dopo Gesù non sarà tempo vuoto, sarà tempo abitato dallo Spirito di Gesù, che qui viene chiamato Paraclito, cioè Colui che è chiamato a stare accanto, vicino. Il termine può essere tradotto con “avvocato”, cioè colui che è chiamato ad assistere e quindi Consolatore: una presenza, quella dello Spirito, che appunto colma il vuoto lasciato dalla conclusione dell’esperienza terrena di Gesù. Annunciando questo dono, Gesù sottolinea con insistenza il legame tra lo Spirito e la sua Persona. È Gesù stesso che manda questo Spirito: «Io vi manderò». E lo Spirito Santo, il Paraclito o Consolatore, infatti, darà testimonianza a Gesù. Per comprendere bene questa funzione dello Spirito, bisogna ricordare che l’evangelista Giovanni colloca questa promessa dello Spirito nella cornice di un processo che il mondo intenta contro Gesù. Compito dello Spirito sarà proprio quello di schierarsi dalla parte di Gesù prendendone le difese. Lo Spirito di Gesù non ha altre parole da dire che si aggiungano a quelle dell’evangelo di Gesù. Chi pensa allo Spirito come a una nuova sorgente di rivelazione, come a una sorta di nuovo tempo dopo quello del Padre e del Figlio, cade in errore. Dopo la Parola, dopo Colui che è la Parola, ovvero la piena definitiva manifestazione di Dio, non vi è altra parola, altra comunicazione, altra rivelazione. E lo Spirito suggerirà ai discepoli tutte e solo le parole di Gesù, farà entrare sempre più profondamente nell'intelligenza delle sue parole, cioè della sua Persona.

Una nuova stagione

La seconda parola: la promessa del dono dello Spirito è collocata in una cornice drammatica: i discepoli saranno scacciati dalla comunità ebraica, subiranno anche la morte. Queste parole riflettono la condizione dei discepoli di Gesù, il loro difficile rapporto con il mondo ebraico dal quale pure provengono, ma che li ostacola nel loro annuncio dell’evangelo. Queste parole non valgono solo per la prima generazione cristiana: sono parole permanenti e che dicono una situazione di conflitto che può determinarsi tra discepoli dell’evangelo e mondo. Non voglio dire che il discepolo dell’evangelo sia sempre e comunque in conflitto con il mondo. Sono felicemente alle nostre spalle i tempi di diffidenza, di estraneità, tra chiesa e mondo moderno. Dobbiamo al Concilio l’apertura di una nuova stagione nei rapporti tra Chiesa e mondo, rapporti che si esprimono soprattutto nel dialogo. Ma la fedeltà all’evangelo può, talvolta, portare in rotta di collisione con il mondo e la sua logica. I martiri non appartengono solo ai primi secoli della storia cristiana: uomini e donne che hanno dato la vita per l’evangelo sono nostri contemporanei.
Vorrei, infine, sostare su una parola di Gesù che trova, purtroppo, una terribile attualità: «Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio». Dare la morte in nome di Dio: non è forse questa la logica dei fanatismi di tutti i tempi? Più volte Papa Benedetto ha alzato la sua voce contro tutti i tentativi di congiungere il nome di Dio all’esercizio della violenza. Così ha scritto nella sua prima Lettera: «In un mondo in cui al nome di Dio viene collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo - dell’amore di Dio - è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto». E martedì scorso a Gerusalemme ha solennemente dichiarato: «Non dovrebbe esserci posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e l’ingiustizia. I credenti in un Dio di misericordia, si qualifichino essi ebrei, cristiani e musulmani, devono essere i primi a promuovere questa cultura di pace».

La presunzione di disporre di Dio

Il fanatismo è una malattia propria della coscienza religiosa. È la pretesa dell’uomo o dell’istituzione religiosa di disporre di Dio fino al punto di imporlo, dimenticando che solo nella libertà vi è autentico cammino di fede. Oggi noi siamo giustamente preoccupati per le forme di fanatismo islamico, ma non dobbiamo dimenticare che in altre stagioni della storia tanto sangue è stato versato nel nome della fede cristiana, appunto credendo di rendere culto a Dio spargendo il sangue dei cosiddetti “nemici della fede”. La presunzione di disporre di Dio, d’esserne gli unici depositari autorizzati, ha spesso spinto gli uomini cosiddetti “religiosi” all’intolleranza fanatica, alla violazione della libertà di coscienza, all’uso della forza per imporre comportamenti religiosi che solo la libertà autorizza.. Come i discepoli di Gesù che di fronte al rifiuto di un villaggio di accogliere Gesù vorrebbero invocare dal cielo un fuoco divino vendicatore. Quanto diverso lo stile di Colui che dice: Io sto alla porta e busso. Se uno mi apre entrerò e faremo cena insieme. Non entra con la forza, dando una spallata alla porta: si invita con un segno discreto rivolto alla nostra libertà.
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