Ti basta la mia grazia. (2Cr 12-7,ss)

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maxis35
00giovedì 28 aprile 2011 14:06
La grazia del Signore Gesù suplisce alla nostra debolezza
Ti basta la mia grazia. (2Cr 12-7,ss)

Paolo, che ha goduto delle rivelazioni del Signore, è afflitto da una misteriosa “spina” (una malattia? Una tentazione? Una prova?) che non cessa di mortificarlo. Ha cercato di liberarsene, ha pregato con insistenza. Alla fine ha accettato di buon grado il suo limite e ha rinunciato al desiderio di vedersi alleggerito di questo peso. Si è sottomesso alla decisione del suo Signore, che gli ha fatto così sperimentare che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”. Ha compreso inoltre che la grazia di Dio non gli è stata data in maniera definitiva e una volta per tutte ma che il dono della grazia è un avvenimento sempre nuovo che rinnova costantemente nell’uomo la salvezza.
Ora Paolo può finalmente sperimentare ciò che il Signore aveva risposto alla sua preghiera (“Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza trionfa nella debolezza”) e può affermare: “Quando sono debole, è allora che sono forte“, perché nel suo limite e nella sua debolezza opera la potenza di Cristo.
La spina nella carne di Paolo è una particolare tribolazione che crea molta sofferenza nella sua vita, difficile dire quale essa sia; per alcuni si tratta di una malattia fisica, forse epilessia o congiuntivite cronica, per altri di una malattia morale, per altri della sofferenza di Paolo per la mancata adesione della maggior parte d’Israele al Vangelo che egli ha predicato.
”Vi sono quattro modi generali di abbandono: per divina economia, come accadde al Signore, affinché mediante questo apparente abbandono fossero salvati quelli che erano stati abbandonati; per prova, come accadde a Giobbe e a Giuseppe, affinché l’uno si rivelasse colonna di fortezza e l’altro di castità; per paterna educazione, come fu per l’Apostolo, affinché umiliandosi custodisse la sovrabbondanza della grazia; per rigetto, come accadde ai giudei, affinché, puniti, si piegassero alla penitenza.” [La Filocalia, volume 2 - Massimo il Confessore – sulla carità IV Centuria – pag.111 – Pietro Gribaudi Editore]
Se nelle preoccupazioni materiali all’uomo è di aiuto l’intelletto, in quelle immateriali è di aiuto, paradossalmente, una spina nella carne, un angelo che lo schiaffeggi, perché proprio a causa di questo aculeo egli ricorre alla preghiera incessante al Signore che può allontanarne con la grazia la sofferenza. Il fatto che non si venga combattuti, come lo fù Paolo, non è cosa buona.
Poiché spesso Satana si ritira, dice Climaco, in vari modi: o per preparare un’insidia maggiore o a causa della presunzione [Cnf. Pietro Damasceno, op. citata – volume 3 – pag.152]; lasciando arroganza o qualche altro male peggiore, accontentandosi di questo che basta a sostituire altrettanto efficacemente gli altri vizi che sembrerebbero essere stati vinti. Quando si decide di intraprendere il cammino della conversione e di combattere contro gli spiriti nemici che sono immateriali e incorporei, occorre armarsi della potenza dello Spirito, perché più li si combatte più essi aspramente si schiereranno per ottenere la vittoria e riempirci di amarezza l’anima, o non ottenendola ci sottoporranno a mali e sofferenze che diverranno spina nella nostra carne.
Perciò il confessare le proprie singole colpe è ammettere la propria debolezza, affinché si sia rivestiti della potenza del Cristo, come afferma Paolo quando dice che affinché non si esaltasse, gli è stato messo un verme nella carne, un angelo di Satana. Anche quelli che ritengono di aver raggiunto alti livelli nel cammino spirituale alla sequela di Gesù, hanno bisogno della sua continua grazia e non devono mai sentirsi sicuri di non subire più gli schiaffeggi del demonio, occorre perciò aderire alla grazia dello Spirito fino alla fine, solo così si starà sempre dalla parte di Cristo.
Anzi le molestie subite da queste prove, tentazioni o malattie serviranno a ricordarci la nostra debolezza e a non montare in superbia o ad esaltarci, per l’eccesso di rivelazioni e grazie che ci vengono dalla contemplazione.
La contrizione del cuore, lo spirito umiliato fa sì che si possa combattere con profitto per la giustizia con sapienza, erigendosi contro la menzogna o la trasgressione dei divini comandamenti e guardando unicamente alla verità, conservando modestia, umiltà e carità verso il prossimo.
Solo così potremo vantarci anche noi nel Signore dicendo: “Mi vanterò nelle mie debolezze”.[cnf. Niceta Stethatos – opera citata – volume 3, pag. 433]
Ed ecco che il veleno della spina di Satana si trasforma suo malgrado in una medicina per l’anima, se ci si rivolge con la preghiera continua e ci si abbandona completamente al Signore Gesù!
Finchè avremo respiro non lasciamo la preghiera a causa della sofferenza, qualsiasi ne sia la causa, come fece l’Apostolo dandocene mirabilmente l’esempio. Perché dove c’è l’invocazione allo Spirito sovrabbonda la potenza e la grazia di Cristo.
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