India, la rivolta delle caste «No alle quote per i dalit»

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vanni-merlin
00sabato 3 giugno 2006 08:37
India, la rivolta delle caste «No alle quote per i dalit»


Il Parlamento ha varato un aumento dei posti nelle facoltà di medicina riservati alle fasce storicamente emarginate, ma medici e studenti contestano il provvedimento: temono di perdere i privilegi e un abbassamento della qualità degli atenei


Di Stefano Vecchia


Una nuova protesta scende per le strade dell'India una protesta che ha, per l'Occidente, un oggetto quasi incomprensibile: le caste. Due giovani hanno cercato di darsi fuoco domenica per protestare contro il sistema di quote che dovrebbe favorire i settori più arretrati della popolazione, ma che spesso si rivela poco efficace e rischia di perpetuare antiche divisioni. Proprio oggi era previsto lo sciopero, sospeso ieri per obbedire a un ordine della Corte Suprema, di medici e studenti di medicina, i quali da settimane inscenano manifestazioni pubbliche, provocando gravi disagi nel sistema sanitario.
La loro contestazione è rivolta contro il voto bipartisan del Parlamento il quale, con 331 voti favorevoli e 17 contrari, ha deciso di aprire dal prossimo anno ulteriori spazi di accesso all'istruzione per quei gruppi di bassa casta e di fuoricasta che la tradizione socio-religiosa dell'antica India continua a relegare ai margini, e che l'India moderna e pluralista finge ufficialmente non siano un problema, a volte negandone persino l'esistenza. Oppure complicando ulteriormente un ingarbugliato sistema di quote, privilegi e distinzioni che crea forse più ingiustizie di quante non riesca a risolverne.
Anche perché, se è vero che ai vertici dello Stato persino i fuoricasta hanno oggi una rappresentanza consistente, che deriva dal particolare sistema elettorale indiano, e nel corso delle campagne elettorali sono blanditi per il loro numero, nella realtà, poi, la loro condizione resta difficile, a volte drammatica in termini di reddito, insicurezza e violenza subita.
La protesta di medici e futuri dottori ha un senso, come altre, anche alla luce nelle difficoltà di un Paese in crescita a gestire le sue tante necessità, nell'accentuato dualismo di un sistema scolastico pubblico sovraccarico e di uno privato ambito ma a numero chiuso: solo l'1% di quanti si pongono in lista d'attesa per iscriversi alle scuole migliori riescono ad entrarvi. Per le istituzioni tecniche e scientifiche, quelle che danno accesso alle professioni più prestigiose o più lucrative, che non necessariamente coincidono, la situazione è drammatica.
Basti pensare che in tutta l'India, Paese vasto dieci volte l'Italia con oltre un miliardo di abitanti, vi sono soltanto 242 scuole di medicina. Certo una situazione migliore rispetto alle sette facoltà di ingegneria informatica, un Olimpo da cui escono le migliori menti di un Paese che produce software ai massimi livelli mondiali e i migliori cervelli da esportazione, ma che dà poca soddisfazione a che rischia di vedersi precludere i già pochi spazi professionali disponibili in virtù di un ampliamento delle quote per le fasce meno favorite. Che non necessariamente possono o sanno approfittare di questa opportunità, e di fatto succede che non tutti i banchi loro destinati nelle aule vengano occupati. Attualmente, il 22,5% dei posti disponibili nelle scuole pubbliche è riservato agli intoccabili (dalit) e ai gruppi tribali (il 25% della popolazione), ma soltanto il 6% delle famiglie dalit riceve un beneficio dal sistema delle quote in generale.
Ora il governo di New Delhi, ha in progetto di destinare un ulteriore 27% dei posti nell'istruzione superiore alle «altre caste arretrate» (insieme a ulteriori gruppi sfavoriti). Si tratta di una parte della popolazione attorno al 30% complessivo, alla quale, per la sua posizione a un livello superiore nella gerarchia sociale, non erano stati finora riconosciuti benefici particolari.
Il moltiplicarsi dell'assegnazione di privilegi, utile a fini elettorali, ma poco incisivo nel concreto, incrementa anche i timori di chi, come i medici, ritiene che un'ulteriore apertura delle quote negli studi specifici e nella profess ione abbasserebbe il livello dell'insegnamento e dell'assistenza; oppure di chi ritiene le quote un sistema di clientelismo politico in una realtà come quello indiana in cui ormai il censo non fa distinzioni di casta e, anzi, in cui proprio la rigidità ideologica delle caste superiori le ha in molti casi impoveriti.
Un processo iniziato da tempo e ancora in corso. È interessante notare come la maggior parte degli imprenditori, dei commercianti e anche di coloro che hanno dato vita a ricche comunità in aree diverse da quelle d'origine (in India e all'estero), oggi sono i promotori del miracolo economico nazionale, provengano da gruppi sociali o religiosi esterni o non perfettamente integrati nel sistema delle caste: sikh, parsi, jaina e buddhisti, ma pure musulmani e cristiani.
Quale peso hanno ancora le caste? Se come istituzione esse hanno una presa forte su molti villaggi dell'India profonda, ovunque permane un forte senso, quasi una necessità, della discriminazione, che spesso assume connotati brutali e violenti, fino al limite di un vero apartheid. Nelle metropoli, professioni che pongono a contatto con un spettro ventaglio sociale (come appunto medici, infermieri, avvocati, insegnanti, ma anche ferrovieri e conducenti di autobus, ristoratori, guide turistiche) restano perlopiù appannaggio di caste superiori o mediane; dall'altro vi sono sono settori produttivi come artigianato e agricoltura che sono di quasi esclusiva competenza delle caste più basse. In fondo, i mestieri che continuano a mantenere una macchia originaria di impurità: tessitori, lavandai, becchini, spazzini, levatrici, macellai, conciatori..., ai quali sono «condannati» i dalit.
Altre centinaia di milioni di fuoricasta e tribali vivono o, spesso, sopravvivono ai margini della società. Non solo quella definita in senso socio-religioso, ma soprattutto quella de lineata dai moderni parametri economici. Oggi, nell'immensa e antica India che viaggia a passi rapidi verso il progresso tecnologico a portata di tutti, e che fornisce ai suoi abitanti concrete possibilità di crescita culturale e di reddito, convivono due sistemi: quello castale e quello incentrato sulla capacità di spesa. Questo secondo spartiacque non divide più, ormai, brahman e dalit. Ma la differenza numerica tra gli uni e gli altri rimane abissale.




da: www.avvenire.it/

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