Che cos'è la libertà? - Una risposta di Berardi ad un lettore di Julia, il fumetto

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Tidus forever
00giovedì 30 dicembre 2004 14:39
Julia n° 75 - Ippocrate a giudizio

Così scrive un lettore assiduo del fumetto "Julia", indirizzando a "Il diario di Julia", la rubrica curata da Berardi:

"Gentile Signor Berardi, sono un lettore assiduo di Julia fin dal primo numero e apprezzo da sempre la ricercatezza e lo studio delle sceneggiature che certamente garantiscono la qualità di fumetti come Julia e, ai suoi tempi, Ken Parker. Più di una volta ho pensato di scriverLe, convinto che lo scambio di idee ed il raffronto tra ideologie, che spesso traspaiono dalle sceneggiature e dai dialoghi di Julia (talora in maniera esuberante) potesse risultare utile, ma ho sempre rimandato. Oggi, finalmente, mi sono deciso e gliene spiego il motivo.
La risposta alla lettera di Maria, nel numero 73, contiene un presupposto difficilmente condivisibile. L'asserzione che Lei fa, secondo cui "la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri..." non soltanto è opinabile, ma frnacamente di parte. La libertà, Signor Berardi, proprio per la sua intrinseca natura, proprio in virtù della sua definizione, non inizia e non finisce. Non ha confini, è illimitata, totale. Ognuno di noi è libero di agire e comportarsi come meglio crede, senza condizionamento alcuno. La limitazione cui Lei forse si riferisce, è relativa ai vincoli legali, etici (che, peraltro, variando da soggetto a soggetto, risultano piuttosto nebulosi), sociali, e così via.
Senza scomodare Rothbard, nè mutuare dalla concezione ellenistica classica, va in ogni caso sottolineato che la libertà e la casualità sono elementi costitutivi della responsabilità. Non viceversa. Si può anche pensare ad un concetto di libertà non legato alla volizione individuale, ma confondere libertà con opportunità, o peggio, con responsabilità è un errore di fondo. E confonde parecchio, a mio avviso, numerosi lettori, Le invio un caloroso saluto, con l'augurio che il meritato successo di Julia non si arresti mai. Cordialmente....(lettera firmata)"

Così risponde Berardi, autore e creatore di Julia:

"Gentile Signor ...., dopo aver letto la Sua lettera, pensavo di risponderLe privatamente, come faccio sempre (pur con deplorevole ritardo) quando ritengo che gli argomenti trattati non siano di interesse comune. Poi, quella sera, scorrendo i programmi televisi, mi è capitato, in rapida sequenza, di assistere a un politico che ne insultava un altro, a un concorrente di reality in preda ad alcuni "showmen" che se le davano di santa ragione e a una conduttrice "total-silycon" che, attraverso le labbra nostruose, farfugliava compiaciuta: L'importante è essere sè stessi.
Quando ero ragazzo pensavo tutto in termini di assoluto. Il coraggio, la dignità, l'amore, l'amicizia, la libertà. Ero convinto di essere immortale e mi recavo ogni pomeriggio presso i pazienti missionari del Sacro Cuore di Gesù a discutere di teologia. Dio, la creazione, l'universo, mi interessavano quanto i film di John Ford. In seguito non ho potuto fare a meno di crescere, e la vita, che già mi aveva impartito delle lezioni, ha cominciato a mollarmi qualche sonoro ceffone. Grazie alla scuola, ho conosciuto i grandi scrittori e i filosofi greci, che hanno ridimensionato il mio delirio di grandezza, fino a rendermi compartecipe della famosa frase: tutto ciò di cui sono sicuro è che non sono sicuro di niente.
Durante la giovinezza mi sono battuto per le mie idee e per i miei valori, ma spesso sono stato messo all'angolo e scazzottato duramente. Oggi le certezze rimaste sono poche e relative. Ho imparato che l'assoluto attiene a Dio, e che l'uomo è un essere imperfetto, capace d'immaginare l'utopia ma non di realizzarla. Nasciamo sconfitti, signor ....., e abbiamo un solo mezzo per affermare la nostra dignità: affrontare comunque la battaglia. I mulini a vento di Cervantes, ricorda?
Così, la sua teoria filosofica sulla libertà (non se l'abbia a male) mi fa un pò sorridere. Il mondo è pieno di gente che ritiene di poter esercitare la propria libertà in modo assoluto, senza badare ai più deboli, ai più poveri, ai più sprovveduti, che sono costretti a subirla. Chiedo venia ai missionari del Sacro Cuore, ma sono stanco di patire la maleducazione, la sopraffazione, la violenza, l'arroganza di chi deve essere "sè stesso" ad ogni costo. magari con il suggello di una speculazione intellettuale, che tende (volente o nolente) a giustificare il tutto.
L'uomo nasce ignorante, violento e puzzolente. L'unico modo di evolversi è quello di perseguire la disciplina e la cultura. Ma una cultura coniugata con l'esistenza e non messa in formalina a far bella mostra di sè, come un quadro astratto.
Cordialmente,

Giancarlo Berardi"

[SM=x520499]
Tidus forever
00venerdì 31 dicembre 2004 19:13
Mi è venuta in mente questa:

Più sono a contatto con la libertà degli altri, tanto più devo adeguare la mia libertà.

Non so se è una frase azzeccata, ma l'ho pensata quasi di getto.

[SM=x520499]
Nick the Toll
00domenica 2 gennaio 2005 00:14
Sottoscrivo parola per parola ciò che scrive Berardi. Non esiste dottrina filosofica o approccio alla vita che ci autorizzi a sconfinare negli spazi legittimi degli altri. Basta fare un esercizio molto semplice (!): mettersi nei panni del prossimo. Se lui "si allarga" per perseguire la sua "libertà", glielo lasciamo fare? E viceversa, lui non ha forse il dovere di difendere il suo spazio dalla nostra "libertà"?

No, la libertà non è mettersi al centro del mondo. E' piuttosto provare a mettere il mondo al centro. [SM=x520499]
pholas
00domenica 2 gennaio 2005 10:17
Non vorrei essere monotono ma, imho, la migliore definizione di libertà giunta alle mie orecchie è quella del compianto Giorgio Gaber..

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

[SM=g27811]
ugo.p
00domenica 2 gennaio 2005 10:37
bellissimo Topic, bravo Tidus. Appartengo anch'io a quella generazione che e' cresciuta con l'idea che la propria liberta' finisca dove cominci quella altrui; vedere che oggigiorno liberta' sia diventatao solo sinonimo di farsi i c...i propri e' un ulteriore riprova di quanto i tempi (e gli ideali di conseguanza) siano diventati piu' squallidi, piu' tristi, piu' egoisti... piu' poveri. [SM=x520489]
Tidus forever
00lunedì 7 febbraio 2005 14:15
Julia n° 77 - Minaccia a domicilio
Anche questa lettera, tratta dalla posta di "Julia", mi sembra particolarmente interessante.

"Gentile signor Berardi, sono un avvocato, lettore di Julia, di cui apprezzo le storie, i disegni, l'approfondimento, benchè non sempre mi senta in linea con quello che Julia (e quindi...Berardi) pensano su molti argomenti.
Ma non è di questo che Le voglio scrivere. Desidero fermarmi ad osservare con Lei la figura e il ruolo dell'avvocato. A parte in un episodio (il n° 62, credo)(*), i mei colleghi (americani, ma sempre avvocati) nei suoi racconti fanno sempre una pessima figura: corrotti e cavillosi al limite della scorrettezza. Forse perchè la mia professione mi piace e penso che esercitarla con passione sia svolgere, da privato, un vero e proprio servizio pubblico, ritengo riduttiva l'immagine che ne deriva dalle Sue pur bellissime storie.
L'avvocato svolge un servizio anche quando difende un colpevole (il quale ha diritto a un processo giusto, in cui siano rispettate tutte le garanzie poste a sua difesa) e non è molto verosimile che in Julia gli avvocati dei colpevoli sembrino quasi sempre un ostacolo all'accertamento della verità.
Chissà se potrò una leggere una storia in cui un mio collega, difensore di un delinquente, pur senza tradire il mandato ricevuto dal suo assistito, collabora comunque ad una corretta gestione delle indagini e alla scoperta del colpevole?
Non sono nè offeso nè indignato, chiarisco. Anzi, spero che Lei prenda la mia come una provocazione a scrivere una storia non facile, perchè riconosco che gli avvocatacci che Lei di solito descrive esistono ecome e non sono pochi.
Ciò che credo è che non siano la maggioranza. La maggior parte di noi lavora per tutelare i diritti dei cittadini e per mantenere intatta la loro dignità.
Cordialità (come concludono, spesso, nelle lettere che si scambiano, gli avvocati)."

(Lettera firmata)

Così risponde Berardi:

"Gentile Signor xxxxxxxx, non mi ha mai sfiorato l'idea che i miei lettori debbano condividere i miei pensieri. Non mi considero un depositario della verità, nè un maitre à penser. Cerco solo di divertire il pubblico in modo non banale, offrendo qualche spunto di riflessione.
Io stesso leggo storie avventurose, dall'età di cinque anni, anche quando sottendono atteggiamenti reazionari, che non condivido. Mi prendo il divertimento, senza sposare l'ideologia, semplicemente.
Ma non è su questo che Le voglio rispondere. Desidero fermarmi ad osservare con Lei la figura e il ruolo del narratore.
Da un pò di anni è in voga il cosiddetto politically correct, che, nel tentativo di codificare il concetto cristiano di rispetta il prossimo tuo, è riuscito ad innalzare a vette parossistiche la suscettibilità di ogni essere vivente - e non - sulla Terra. Ci sono comitati in difesa di qualsiasi categoria: dai fossili ai tabagisti, ai cacciatori, ai rettili, alle più svariate professioni (eccetto quella dello scrittore). Se, in un mio racconto, inserisco una figura omosessuale, vengo tacciato di omofobia, se si tratta di un politico, di anarchia, se invece è un nero, di razzismo; per non parlare dei medici, dei giornalisti, dei commercialisti....degli avvocati.
Ora, Signor xxxxxxxx, le storie sono fatte di personaggi e i personaggi, per essere credibili, devono svolgere un mestiere. Fino a poco tempo fa, le uniche tipologie che non reclamavano erano i pellerossa e gli alieni. Ora, però, si è saputo che i Sioux Oglala hanno chiesto i diritti ad un noto locale parigino per l'uso del nome "Crazy Horse". Restano i marziani, e questo forse spiega il grande sviluppo della fantascienza.
Non ho dubbi che ci siano avvocati onesti e disonesti, come esistono elettricisti coscienziosi e malandrini. E' altrettanto vero, tuttavia, che un leguleio corrotto fa più danni di un impianto elettrico fuori norma. Basta scorrere le cronache.
Mi viene in mente Alessandro Manzoni. Oggi gli sarebbe stato difficile scrivere i Promessi Sposi. Il suo Azzeccagarbugli avrebbe sollevato il disdegno di tutto l'albo professionale; e anche l' Innominato avrebbe trovato qualcuno disposto a difenderne l'onorabilità.
Ma, al di là delle boutades, il rischio concreto è che, piano piano, tutti coloro che desiderano esprimere un pensiero, un'opinione, un'idea, vengano guardati con sospetto. Lentamente, per non avere discussioni, problemi, o denunce, la gente si abituerà al silenzio (la sottolineatura è mia, per evidenziare il concetto - Tidus).
Una sordina intellettuale che sta già invadendo la cultura italiana.
Ha da passà 'a nuttata (come conclude Eduardo De Filippo in Napoli Milionaria)"

Giancarlo Berardi

(*) Il numero 62 è "L'assassino è innocente"

[SM=x520499]

[Modificato da Tidus forever 07/02/2005 14.20]

Petgirl
00martedì 8 febbraio 2005 18:23
Re: Julia n° 77 - Minaccia a domicilio

Scritto da: Tidus forever 07/02/2005 14.15
...il rischio concreto è che, piano piano, tutti coloro che desiderano esprimere un pensiero, un'opinione, un'idea, vengano guardati con sospetto. Lentamente, per non avere discussioni, problemi, o denunce, la gente si abituerà al silenzio...

[Modificato da Tidus forever 07/02/2005 14.20]




Trovo giusto ciò che dice Berardi. Esprimere le proprie idee va benissimo, attenzione però a non accendere inutili risse come quelle a cui da un pò d'anni stiamo assistendo in televisione (tanto per dirne una).
[SM=x520556]
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