Anam_cara
00venerdì 14 novembre 2008 01:03
Caso Englaro:
omicidio perpetrato per via legale
La società civile si oppone alla condanna a morte di Eluana
di Antonio Gaspari
ROMA, giovedì, 13 novembre 2008 (ZENIT.org).-
Durissimi i commenti alla sentenza in merito al pronunciamento della Cassazione su Eluana Englaro, reso pubblico nel pomeriggio di questo giovedì, 13 novembre.
In un comunicato diffuso in serata, l'Associazione Medicina & Persona parla del "primo caso di omicidio legale in Italia".
"Non esistendo in Italia una legge sull'eutanasia - osserva -, quello di Eluana è un omicidio perpetrato per via legale, ottenuto cioè con l'autorizzazione dei giudici".
Le conseguenze di un atto di questo tipo sono gravissime.
"Da oggi nel nostro Paese si potrà uccidere - quando si vorrà - malati stabili, cronici, inguaribili:
pazienti in stato vegetativo,
pazienti in condizioni terminali,
anziani non più utili alla società,
insomma chiunque abbia ‘presumibilmente' chiesto di poter morire e in condizioni di non poter più cambiare idea o di chiedere aiuto, mediante la sospensione di acqua e cibo, magari dopo aver consultato un giudice".
Il comunicato della libera Associazione fra Operatori Sanitari solleva la domanda cruciale: "E' questa la società che volevamo, quella in cui vogliamo vivere?".
Secondo Medicina & Persona, i giudici hanno: "delegittimato la Costituzione Italiana"e "agito contro il Codice Civile e contro il Codice Penale".
L'Associazione fra Operatori Sanitari denuncia la logica sottesa, che è la stessa "adottata durante la Seconda Guerra Mondiale" in cui "si eliminano i più deboli e gli indifesi".
Il comunicato dell'Associazione sottolinea la gravità della sentenza perché "ormai certi giudici aggirano le leggi - anche quelle esistenti - e creano una nuova era, quella dell'etica del più forte sul più debole, con l'ausilio del diritto".
A denunciare la condanna a morte di Eluana anche Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), il quale ha dichiarato che "si è sentenziata la condanna a morte di una indifesa cittadina italiana.
Da oggi il diritto alla vita soggiacerà al potere della legge che sconfina nella sfera più inviolabile della persona umana".
"Che triste Italia appare dinanzi a noi - ha commentato il presidente nazionale del RnS -... Sempre più colpevolmente protesa ad inoculare una cultura della morte, incapace di affermare democraticamente il diritto alla vita".
"Mi chiedo: è davvero questo il sentire degli italiani?
Non può dirsi solidarietà sopprimere i deboli, né giustizia rimuovere le ragioni più profonde del vivere comune, proprio a partire dalla condivisione delle angosce e delle sofferenze che ci rendono davvero uomini degni di stare al mondo",
ha concluso.
http://www.zenit.org/article-16132?l=italian
enricorns
00martedì 18 novembre 2008 23:24
Ufficio Stampa COMUNICATO STAMPA Martinez (RnS), su caso Eluana: “Condannata a morte una indifesa cittadina italiana” Il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), Salvatore Martinez, in merito al pronunciamento della Cassazione su Eluana Englaro, ha dichiarato: “Si è sentenziata la condanna a morte di una indifesa cittadina italiana. Da oggi il diritto alla vita soggiacerà al potere della legge che sconfina nella sfera più inviolabile della persona umana. Che triste Italia appare dinanzi a noi, sempre più colpevolmente protesa ad inoculare una cultura della morte, incapace di affermare democraticamente il diritto alla vita. Mi chiedo: è davvero questo il sentire degli italiani? Non può dirsi solidarietà sopprimere i deboli, né giustizia rimuovere le ragioni più profonde del vivere comune, proprio a partire dalla condivisione delle angosce e delle sofferenze che ci rendono davvero
enricorns
00martedì 18 novembre 2008 23:26
lunedì 17 novembre 2008 19.34 ELUANA, CARDINAL BAGNASCO: "NON SOSPENDERE IDRATAZIONE" "Sospendere idratazione e nutrizione significa sospendere le funzioni vitali di una persona, al di là della sua situazione fisica e di salute. Quindi queste funzioni non possono essere assolutamente considerate delle terapie, dei farmaci invasivi o straordinari". È quanto ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, ai microfoni della "Radio Vaticana" in merito alla vicenda di Eluana Englaro e alla sentenza della Corte di Cassazione che in via defintiva ha autorizzato l'interruzione di alimentazione e idratazione della giovane. Commentando poi i risultati di uno studio del ministero della Salute secondo il quale lo stato vegetativo non può mai dirsi del tutto irreversibile per quanto poche possano essere le possibilità di recupero. "Questo studio che non conoscevo - ha detto il cardinale - conferma l'assoluta cautela con cui dobbiamo affrontare questi temi della vita e della morte. Non soltanto per il valore intrinseco della vita anche quando è ferita e quindi richiede maggiore attenzione da parte della società, ma in qualunque altra situazione; soprattutto in questo momento il mistero della vita deve suscitare in tutta la società un riflessione molto più attenta e molto più umile".
da Avvenire
enricorns
00martedì 18 novembre 2008 23:38
IL FRATELLO DI TERRI SCHIAVO «Il papà di Eluana parli con il mio: cambierà idea» C’ è un filo invisibile che collega in queste ore Lecco alla città di Saint Petersburg, in Florida. Lì, il 31 marzo del 2005, dopo 13 giorni senza idratazione e alimentazione artificiali, si è spenta Terri Schiavo, la donna in stato vegetativo che con la sua storia ha commosso l’America e il mondo, ponendo in maniera inequivocabile alle società civili il dilemma sui pazienti in stato vegetativo e sul loro diritto a vivere. E lì la notizia della decisione della Cassazione italiana pesa oggi, più che altrove. A Saint Petersburg vivono i genitori di Terri, Robert e Mary, che dopo la morte della figlia si sono chiusi in un doloroso silenzio. E poi il fratello Bobby e la sorella minore Suzanne, che hanno fondato la ' Terri Schindler Schiavo Foundation Center for Health Care Ethics', istituzione impegnata nella difesa delle persone malate e dei disabili dalla minaccia dell’eutanasia. Proprio dall’associazione è arrivato in queste ore un appello deciso, fatto circolare via internet e rimbalzato sui siti delle principali agenzie pro- life americane, che commenta la vicenda Englaro: « Quello che è toccata a mia sorella – spiega Bobby nella nota – è stata una delle morti più orribili e disumane. Nessuno dovrebbe essere mai più messo in quella situazione, in nessun posto al mondo, e nessun genitore dovrebbe assistere mai al proprio figlio in quelle condizioni » . E ancora, rivolgendosi al padre di Eluana, Beppino Englaro: « Se questo papà potesse prendersi del tempo, e venire qui, fare visita a mio padre, ai miei genitori, vedere coi suoi stessi occhi in quale agonia e tormento stanno vivendo ogni giorno della loro vita, dopo aver visto Terri morire a quel modo – continua il fratello della Schiavo – sono sicuro che cambierebbe idea » . Nel comunicato dell’associazione viene ricordato anche a Beppino Englaro che una madre e un padre « dovrebbero mettere la vita dei propri figli davanti a ogni altra cosa e amarli in maniera incondizionata indipendentemente da quello che sono in grado di fare e dalle loro condizioni di salute » . ( V. Dal.)
da Avvenire
enricorns
00martedì 18 novembre 2008 23:44
CI SONO IN GIRO AFFERMAZIONI TROPPO BANALI Che cosa vuol dire amare nel caso difficile di Eluana GIACOMO SAMEK LODOVICI N oi che siamo tremendamente addolorati per la fine atroce (una morte per fame e per sete) che aspetta Eluana siamo accusati di essere crudeli e sadici, mentre la scelta di farla morire viene da molti considerata un’espressione di amore. Non mettiamo in dubbio la buona fede di chi ragiona in questi termini; tuttavia, chiediamoci: che cosa significa amare? Ovviamente l’amore ha una molteplicità di espressioni, ma (lo suggerisce già Aristotele) amare qualcuno è un po’ come dirgli «è bene che tu sia, è meraviglioso che tu esista, gioisco perché tu sei». La prima forma di ogni amore consiste in una gioia perché chi amiamo vive, è un rendimento di grazie perché l’amato esiste. Precisiamo: amare non significa volere che l’altro esista come conseguenza del fatto che l’altro ci procura gioia, bensì vuol dire volere e insieme gioire per la sua esistenza. Far morire qualcuno, anche se a richiesta (tra l’altro presunta nel caso di Eluana), significa dire «non è bene che tu sia, non è meraviglioso che tu esista». Se qualcuno dice con anni di anticipo o grida (o sussurra) disperato nel presente: «io sono un peso per te» e/o «non vale la pena il mio vivere in questo stato», il vero amore risponde: «è bene che tu sia, è meraviglioso che tu esista anche se la tua condizione è dolorosa per te e/o gravosa per me». Chiedere di morire significa dire: «la mia esistenza non è (non sarà più) preziosa»; così far morire qualcuno (per esempio tramite l’azione con cui si toglie il sondino dell’alimentazione, oppure tramite l’omissione di chi non lo riattacca) equivale a dire a qualcuno: «è vero, tu non vali la pena, la tua esistenza in certe condizioni non è un bene che soverchi queste condizioni, non è prezioso che tu viva». In effetti, chi si occupa dei malati gravi sa che, quando chiedono di morire, quasi sempre lo fanno perché soffrono e perché si sentono soli. Ora, si noti bene, la sofferenza può essere quasi sempre molto lenita con le cure palliative. E la risposta alla solitudine non è far morire, bensì è l’affetto, è prendere per mano il malato, detergergli il sudore, guardarlo negli occhi anche se non risponde, stargli vicino: le invocazioni della morte esprimono la richiesta di non soffrire e una protesta contro la solitudine. Così, il desiderio di suicidarsi o la richiesta di eutanasia si manifestano, solitamente, quando una diagnosi infausta viene comunicata e molto spesso tramontano se il malato viene assistito e confortato. Le suore straordinarie che accudiscono Eluana hanno scritto: «L’amore e la dedizione per Eluana» è ciò per cui 'affermiamo la nostra disponibilità a continuare a servire – oggi e in futuro – Eluana. Se c’è chi la considera morta, lasci che Eluana rimanga con noi che la sentiamo viva. Non chiediamo nulla in cambio, se non il silenzio e la libertà di amare e donarci a chi è debole, piccolo e povero'. Sono crudeli e sadiche? Come si può mai considerare la loro dedizione a Eluana una forma di accanimento terapeutico? E come può essere amore far morire Eluana di fame di sete? Lasciare che il suo corpo si consumi lentamente a causa della secchezza dei tessuti, della disidratazione delle pareti dello stomaco (che provoca spasmi) e delle vie respiratorie, mentre la pelle si ritira, gli occhi si incavano, la temperatura corporea aumenta per mancanza di sudorazione, il naso sanguina, le labbra e la lingua si spaccano: questo è amore? È vero, sono previste delle misure per attenuare (ma solo in parte) questi effetti: ma ciò cambia la sostanza? da Avvenire
enricorns
00martedì 18 novembre 2008 23:54
ETICA E GIUSTIZIA Il presidente emerito della Corte costituzionale: più che fondata l’opinione secondo cui la sentenza della Cassazione contrasta con il Codice penale che punisce l’omicidio del consenziente
«La vita ha rilievo pubblico Dire il contrario è fuori dal nostro sistema giuridico» Aberrante se i giudici riscrivono le regole Baldassarre: distorsione della democrazia
DA ROMA GIOVANNI RUGGIERO V ivere o morire non è un fatto che resta nella sfera privata, ma riveste sempre un’importanza pubblica. Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale e docente di diritto costituzionale alla Luiss, critica questa deriva aperta dalla recente sentenza della Corte di Cassazione sul caso Eluana. È – a suo giudizio – una affermazione pericolosa, oltre che fuori dal nostro sistema democratico. Professore, perché l’affermazione è fuori dal nostro sistema giuridico? Non è convincente e rovescia tutta la posizione finora tenuta in materia. Abbiamo a che fare con diritti indisponibili che hanno una tutela costituzionale e quindi pubblica. Proprio sulla base di questo fatto, quando nel 1975 si giudicò l’aborto, non si seguì la via della Corte Suprema americana che aveva detto esattamente una frase come questa nella nostra Cassazione. La Corte Costituzionale italiana ha detto il contrario e cioè che quando siamo all’inizio della vita, e si deve supporre anche alla fine della vita, si ha a che fare con un interesse pubblico alla difesa della dignità umana e delle difesa della vita umana. Se decidere se vivere o morire è un affare privato, anche il diritto della salute non avrebbe senso; mentre invece questo diritto è difesa dalla Costituzione sia come fatto privato che come fatto pubblico. Credo che questa affermazione non si accordi con la Costituzione. Lei ha spesso ribadito che il giudice italiano può di fatto creare una norma, l’applica e ne è anche garante. È corretto questo? Il Costituente ha previsto che colui che dovesse volgere i principi costituzionali in regole, cioè in norme circostanziate, fosse il legislatore. Per un motivo semplice: il legislatore può fare tutto questo, in quanto risponde al popolo. Se il popolo non fosse d’accordo può cambiare la maggioranza parlamentare che ha fatto quelle norme. Quindi il legislatore può diventare minoranza e assume una responsabilità. Insomma, paga. Pericolo che non corre il giudice... Se permettiamo al magistrato di fare quello che ha fatto la Cassazione nella sentenza sul caso Englaro ( nella quale ha individuato un diritto, ne ha stabilito le circostanze, ne ha fissato i limiti e ne ha predisposto le modalità di esercizio) se fa tutto questo, stabilisce cioè la norma nel caso concreto che non trova nella legge, allora abbiamo una autorità che non ha una responsabilità politica verso il popolo e, quindi, non ne subisce le conseguenze. Evidentemente siamo davanti a un ' governo dei giudici' che non ha nulla a che fare con il nostro sistema democratico. Il procuratore di Messina, Alberto Di Pisa, non esclude che in teoria un pm potrebbe perseguire penalmente chi staccherà i sondini che tengono in vita Eluana. Concorda con questa tesi? Queste cose le ha dette già l’avvocato che ha rappresentato Camera e Senato nel conflitto di attribuzione che la Corte Costituzionale non ha voluto decidere benché gli estremi dell’ammissibilità ci fossero tutti. È un’opinione più che fondata. In un sistema che prevede l’omicidio del consenziente o l’istigazione al suicidio, la Cassazione introduce una regola che è totalmente dissonante con queste norme, che pure sono in vigore. Non pensa che il cittadino sia quanto meno frastornato da queste decisioni così ambigue? È la sciagurata conseguenza di una affermazione della Corte Costituzionale, presa dal sistema tedesco, che un giudice, cioè, può fare una interpretazione costituzionalmente orientata. Questa possibilità i giudici la interpretano, come ha fatto la Cassazione, in un modo che non ha pari in nessun ordinamento occidentale, e cioè che il giudice può creare una regola nel caso concreto, partendo da un principio costituzionale. Questa è l’aberrazione e stupisce che il mio collega Onida, quando sostiene la validità di tutto questo, non si accorga della distorsione provocata nel sistema democratico voluto nella nostra Costituzione.da Avvenire
enricorns
00mercoledì 19 novembre 2008 11:13
ETICA E GIUSTIZIA
Claudio Taliento, vicepresidente dell’associazione 'Risveglio': «Adesso anche mia moglie è potenzialmente sopprimibile. Basta trovare un testimone che dica: lei non voleva vivere così»
«Irreversibilità? Nessuna certezza»
Roccella: stato vegetativo permanente?
Impossibile affermarlo, una linea sottile divide le condizioni di questi malati
Gli esperti del ministero del Welfare: risulta impossibile escludere a priori il recupero
DA ROMA LUCA LIVERANI
Stato vegetativo, coma, morte cerebrale. Termini usati disinvoltamente come sinonimi in un dibattito drammatico. Ma la confusione - o la disinvoltura - semantica in questioni così delicate può condizionare pesantemente le opinioni e gli orientamenti. Il primo contributo del neonato 'Gruppo di lavoro sullo stato vegetativo e lo stato di minima coscienza' voluto dal ministero della Salute è quindi un glossario che cerca di fare chiarezza. Tra chi fa informazione, ma anche tra gli stessi medici. Il sottosegretario Eugenia Roccella lo dice con chiarezza: «Già prima del caso Englaro le informazioni sugli stati vegetativi sono state estremamente confuse. Anche da parte di grandi medici, come il professor Umberto Veronesi, che non è uno specialista in questo settore e insiste sull’irreversibilità » . Roccella cita «un grande quotidiano che ha definito Eluana sacco di patate » , altri parlano di questi pazienti come di « quasi morti: un po’ per ignoranza – dice il sottosegretario – un po’ per ideologia ». Dal Glossario stilato dal Gruppo di lavoro, costituito da 14 studiosi del settore, emerge con chiarezza una raccomandazione: «Oggi il concetto di stato vegetativo permanente è da considerarsi superato e sono documentati casi, benché molto rari, di recupero parziale di contatto con il mondo esterno anche a lunghissima distanza di tempo. È pertanto assurdo - si legge nel documento – poter parlare di certezza di irreversibilità». E ancora: «Secondo le raccomandazioni dell’Internazionale Working Party di Londra del 1996, i termini persistente e permanente sono sconsigliati e si consiglia di sostituirli con l’indicazione della durata della condizione (stato vegetativo da n° mesi/anni)». Il Gruppo di lavoro è affiancato da un Tavolo delle associazioni dei familiari, presieduto da Fulvio De Nigris, direttore del centro studi ricerca sul coma, che produrrà un libro bianco per evidenziare le migliori pratiche in Italia.
Spiega Gianluigi Gigli, professore di neurologia a Udine e membro del Gruppo: «Spesso si fanno insalate di parole ed è frequentissimo rilevare espressioni tecnicamente del tutto improprie. 'Eluana in coma da sedici anni': ma qualsiasi professionista sa che lo stato vegetativo non è il coma. O 'staccare la spina': in questi pazienti non c’è nessuna spina da staccare perché non sono collegati a nessuna macchina». Sull’irreversibilità dunque «possiamo parlare in termini probabilistici – aggiunge Gigli – ma non assolutistici come fa la sentenza di Milano. La certezza dell’irreversibilità non ce l’ha nessuno».
Il problema, aggiunge il neurologo, «è che sono malati poco studiati: deve emergere una attenzione diagnostica su malati nella gran parte dei casi dati per persi. Servono fondi, tempo e umiltà scientifica » . I malati in stato vegetativo « alternano veglia e sonno, rispondono a stimoli del dolore, anche se probabilmente non come noi » . Ma « quando è prevista la sedazione, vuol dire che c’è sofferenza, anche solo per il principio di precauzione. Terri Schiavo vi assicuro che piangeva».
Claudio Taliento, vicepresidente dell’Associazione Risveglio, racconta della moglie in stato vegetativo da sei anni: «Iniziò a mostrare sul volto evidente sofferenza. Faticosamente capimmo che aveva un ascesso. Una volta curata cambiò espressione » . Poi aggiunge: «Ora mia moglie potenzialmente è sopprimibile. Questa sentenza non è legata al singolo caso, basta trovare un testimone che dica che 'lei non avrebbe voluto vivere così' e posso sopprimerla». Per Antonio Carolei, ordinario di neurologia a L’Aquila membro del Gruppo, «è inaccettabile che una prognosi possa essere emessa da un giudice. Ci dobbiamo sentire un Paese evoluto perché faremo come in Florida con Terri Schiavo, dove due poliziotti impedivano che i familiari portassero una garza imbevuta per bagnarle le labbra», mentre veniva fatta morire per disidratazione?
Da Avvenire
enricorns
00mercoledì 19 novembre 2008 13:29
Storie (11 luglio 2008)
Jan: sveglio dopo 19 anni
di Luigi Ferraiuolo
Non sia mai detto che una persona in coma sia destinata solo alla morte. Basta ricordare, per chi ha memoria, il caso - assai cinematografico, tanto che rammenta il film Goodbye Lenin in cui una donna va in coma con il Muro di Berlino in piena efficienza e si risveglia dopo la sua caduta - ma molto istruttivo di Jan Grzebski: ferroviere polacco di 65 anni, risvegliatosi dal coma nel 2007 dopo 19 anni. Molti di più di quelli d'immobilità di Eluana Englaro, pur con le dovute differenze e analogie. Costretto all'immobilità dopo un incidente nel 1988 - in piena Polonia comunista del generale Jaruzelski - a Grzebski i medici avevano dato, al massimo, 2 o 3 anni di vita. Ma la moglie Geltrude aveva creduto nel suo risveglio. E ha avuto ragione. «Mia moglie Gertruda mi ha salvato, non lo dimenticherò mai» disse Grzebski, intervistato dalla tv polacca, a giugno dello scorso anno, poco dopo il risveglio. E per spiegare meglio la situazione, i medici del ferroviere chiarirono: «Per 19 anni la signora Grzebska ha svolto il lavoro di un team esperto di terapia intensiva, cambiando ogni ora la posizione del marito in coma per prevenire piaghe da decubito». La signora Geltrude dunque è stata capace di salvare il marito, contro ogni apparenza. Ma con Eluana forse questo non accadrà. A pochi giorni dal risveglio il ferroviere polacco, comunque, era riuscito a percepire gli epocali cambiamenti vissuti in 19 anni dalla vecchia Polonia: «Quando sono entrato in coma c'erano solo thè e aceto nei negozi, la carne era razionata e c'erano ovunque code per la benzina. Ora vedo la gente in strada con i cellulari e c'è così tanta merce nei negozi che mi gira la testa». E poi gli erano nati ben 11 nipotini.
www.avvenireonline.it/Vita/Eluana/Storie/20080711.htm
enricorns
00giovedì 20 novembre 2008 13:51
ETICA E GIUSTIZIA
«Morirà per eutanasia Non della sua malattia»
Cuccurullo: siamo di fronte a una pericolosa deriva
DA MILANO ENRICO NEGROTTI
« E luana non muore della patologia da cui è affetta, muore di fame e di sete. Anzi viene fatta morire, quindi si tratta di eutanasia». Il professor Franco Cuccurullo, rettore dell’Università di Chieti e presidente del Consiglio superiore di sanità, è docente di Medicina interna e non condivide affatto – pur rispettandola – la serie di decisioni della magistratura che stanno portando Eluana a morire. «Parlando da medico, mi resta grande perplessità e rammarico – aggiunge –. Penso che si apra una deriva pericolosa per le persone incapaci ».
Professor Cuccurullo, lei ha dichiarato che l’adempimento delle sentenze della magistratura nel caso di Eluana Englaro configurerebbe un caso di eutanasia. Perché?
Si tratta di eutanasia perché la morte di Eluana sarebbe causata dalla sospensione di idratazione e alimentazione, non dalla patologia di base dalla quale è affetta. Vede, io faccio due esempi: un paziente cui si interrompe un trattamento terapeutico o quello cui si toglie il sostegno alle funzioni vitali. Il primo caso è per esempio una persona affetta da una malattia tumorale allo stadio terminale. Io posso interrompere una chemioterapia che sottopone il paziente a ulteriori sofferenze senza migliorarne le condizioni. In questo caso la morte che sopraggiunge è una conseguenza diretta della malattia da cui è affetto il paziente. Viceversa – è il secondo caso – se a un paziente io sospendo l’idratazione e l’alimentazione non muore per la sua malattia, ma muore di sete e di fame. Non è la malattia che lo fa morire, il decesso non è conseguenza diretta della patologia che lo affligge. Muore per disidratazione.
Ma qualcuno sostiene che essendo atti medici sono analoghi. Non è vero?
Torniamo al primo caso. Se sospendo un trattamento chemioterapico a un paziente terminale di cancro che può dare solo disturbi, poi in presenza della comparsa di dolori, cercherò di alleviare le sofferenze, userò farmaci antidolorifici. In altre parole, metterò in atto un trattamento palliativo che non risolve la patologia ma lenisce il sintomo. Ma se a quello stesso paziente, alleviato il dolore, tolgo l’acqua, subirà la sofferenza da disidratazione. E se per risolvere il sintomo dolore, io somministravo un antidolorifico, per risolvere i disturbi da disidratazione, la soluzione non è l’antidolorifico. Proviamo a immaginare una persona dispersa nel deserto, che viene ritrovato disidratato: per lenirgli le sofferenze gli somministriamo antidolorifici? No, gli diamo acqua.
Viene anche sostenuto che è ormai opportuno far riprendere il suo corso alla malattia, che è stata come bloccata dai medici quasi 17 anni fa. Non è così?
Non è così. Eluana Englaro non morirebbe della sua malattia, che è in uno stato stabile. C’è una forte spinta vitale in quell’organismo: per fermarla occorre sospendere idratazione e alimentazione. Cosa c’è di diverso dall’eutanasia, o dall’omicidio? Ruotiamo intorno a questi concetti, è difficile discriminare. Diverso era il caso di Piergiorgio Welby. La ventilazione meccanica era la terapia indispensabile alla sostenerlo nella sua malattia, che colpendo i muscoli rendeva impossibile anche la respirazione. La sospensione del funzionamento della macchina portava il paziente a morire della sua malattia.
Qualcuno sostiene anche che Eluana non soffrirebbe, perché la corteccia è totalmente compromessa. Però nel decreto della Corte d’Appello di Milano si prevede un accompagnamento alla morte che fa uso di sedativi e antiepilettici. Che cosa significa?
Siamo di fronte a grandi contraddizioni: povera figlia, non è una vita che si spegne, ma che viene spenta. Io non conosco le condizioni cliniche specifiche, e quindi non mi posso pronunciare oltre un certo limite. Posso dire che esistono test specifici per stabilire se un paziente avverte il dolore. In questo caso credo che la morte sopravvenga per una insufficienza renale legata alla disidratazione progressiva. E finora questa non è la sua patologia. Ho grande perplessità e rammarico di fronte a queste sentenze: penso che si apra una deriva pericolosa per le persone incapaci.
«Se a un malato di cancro che sta morendo tolgo la chemioterapia, offro comunque un trattamento palliativo, e non penso certo di smettere l’idratazione»
enricorns
00giovedì 20 novembre 2008 16:02
ELUANA, CORTE EUROPEA APRE FASCICOLO SU RICORSO ASSOCIAZIONI
La Corte Europea di Strasburgo per i Diritti dell'Uomo ha aperto un fascicolo sul ricorso di 34 associazioni che si oppongono all'interruzione di alimentazione e idratazione per Eluana Englaro, consentita dalla Cassazione. La procedura è stata dunque incardinata e non respinta in partenza, come pure Strasburgo poteva fare. Mentre la Corte non ha accolto la richiesta delle associazioni per una procedura d'urgenza. "La Corte ha scelto di seguire la via ordinaria - spiega l'avvocato Rosaria Elefante, che segue l'azione promossa dalle associazioni - ma l'importante è che il ricorso ora è registrato dalla Corte, ha il numero 55185/08. Questa mattina abbiamo fatto richiesta per un'udienza nel più breve possibile, e inoltre chiederemo una comunicazione ufficiale della Corte al Governo italiano". Intanto, riferisce il legale, "stanno arrivando a Strasburgo numerosi altri ricorsi individuali, sovrapponibili al nostro, e ancora tanti ne arriveranno. Speriamo che Strasburgo si pronunci in tempi brevi, è in gioco il diritto e la dignità di tantissime persone disabili. Non si può decidere per loro".
da Avvenire
www.avvenire.it/Avvenire/Pages/articoloVetrina.aspx?IdArticolo=6326e6b0-0000-4ca6-b437-34c0...
enricorns
00sabato 22 novembre 2008 18:54
ETICA E GIUSTIZIA
«Eluana, un decreto legge per non staccare il sondino»
Capotosti: eviterebbe disparità di trattamento nel Paese
DA ROMA PINO CIOCIOLA
E siste uno strumento tecnico- giuridico che può ancora impedire la morte di Eluana: « Mi chiedo se, per evitare che fra le strutture sanitarie sul territorio italiano si verifichino disparità geografiche di comportamento » e « in attesa di una legge » , il governo « non sia legittimato ad intervenire con un decreto legge, attraverso il quale dichiarare l’obbligo per tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private, di astenersi dal praticare il distacco di sondini per l’alimentazione artificiale » . La domanda se la pone Piero Alberto Capotosti, presidente emerito della Corte Costituzionale, giudice costituzionale dal 1996 e presidente della Consulta nel 2005.
Presidente, ma un eventuale decreto di questo genere, fin quando dovrebbe valere?
Fin quando non ci sia una legge che si basi su standard internazionalmente riconosciuti e capaci di definire gli stati irreversibili della vita.
Basterebbe un decreto legge davvero semplice?
Fatto da non più di cinque o sei righe. Indispensabili per la straordinaria necessità e urgenza della situazione. Naturalmente il distacco del sondino per l’alimentazione dovrebb’essere vietato nei soli casi in cui s’immagini che sarebbe la causa diretta del decesso della persona.
E le disparità geografiche di comportamento?
Mi risulta che alcune strutture sanitarie si siano rifiutate di staccare il sondino e che forse altre possano essere invece disponibili.
Si riferisce al rispetto di diritti fondamentali?
Sì. Perché quando si tratta della tutela dei diritti fondamentali della persona malata, e che si trovi in stati come quello di Eluana Englaro, all’incrocio fra la vita e la morte, deve essere fortissima l’influenza della scienza medica ai fini del rispetto del diritto alla vita.
Sarebbe a dire?
La scienza medica deve indicare precisamente quali sono gli stati irreversibili. Al contrario in questa situazione, dove non c’è una valutazione medica praticata da organi interni ed internazionali in maniera certa, diventa di fondamentale importanza che il rispetto di questi diritti fondamentali sia assicurato in tutto il territorio nazionale e in condizioni di eguaglianza, come tra l’altro si può desumere da alcune pronunce della Corte Costituzionale.
Cioè non deve essere possibile, poniamo per ipotesi, che in Friuli ci sia qualcuno disponibile a staccare il sondino e in Lombardia invece no.
Questo mi parrebbe assolutamente irragionevole. L’assistenza sanitaria è materia di competenza dello Stato e delle regioni, quindi tocca allo Stato dettare i principi fondamentali: non distaccare il sondino lo è, perché c’è il valore della vita in ballo.
E se anzichè in una struttura sanitaria si portasse Eluana, o una persona nelle sue condizioni, a morire in un’abitazione privata?
Il cittadino può fare quel che vuole, salvo andare poi incontro alle
doverose indagini della magistratura.
A proposito: alcuni magistrati ipotizzano proprio che nel distacco del sondino che garantisce alimentazione e idratazione ci siano gli estremi dell’omidicio: lei che ne pensa?
Qualora dovesse avvenire il distacco del sondino nasogastrico, si potrebbe dire che proprio questo gesto è la causa diretta del decesso della ragazza. Allora ho l’impressione che un magistrato territorialmente competente possa aprire l’indagine.
Ipotizzando un omicidio di consenziente?
Vedo più l’ipotesi di omicidio volontario, essendo dubbia nel caso di specie la manifestazione di un consenso della vittima.
E i pronunciamenti della Cassazione, presidente?
Le sue due sentenze potrebbero forse configurarsi come causa di non punibilità. Ma questo riguarderebbe la valutazioni del magistrato penale, che tuttavia, in linea di principio, certo non può essere bloccato nel suo obbligo di iniziare l’azione penale davanti a un evento che in astratto lascia prefigurare un reato.
Torniamo alle sentenze della Cassazione: sembra che il diritto alla vita sia diventato fatto privato e non riguardi più la collettività.
Lei che ne dice?
Dalle sentenze emerge forse una concezione eccessivamente formalistica del carattere privato o pubblico della questione che la Cassazione doveva risolvere. La valutazione sembrerebbe fatta in riferimento al carattere formalmente privato della questione. Prescindendo da quello che è l’interessamento enorme della pubblica opinione alla vicenda.
Ci sono altri aspetti di quelle sentenze che possono lasciare perplessi?
Al di là dei profili umani drammatici, questa vicenda da un punto di vista giuridico suscita perplessità. Perché la scienza medica non ha definito in maniera precisa e pregnante il carattere irreversibile dello stato vegetativo in cui si trova Eluana Englaro: non c’è una definizione tale che possa far considerare risolta questa questione in un senso o nell’altro.
E quindi?
La ragazza si potrebbe dire, appunto, all’incrocio fra la vita e la morte: una fase in cui però tutti i diritti inviolabili della persona continuano a esistere.
Dunque bisognerebbe aspettare?
Basta il dubbio che non sia una situazione irreversibile per indurre ad aspettare e vedere come la situazione evolve.
Un’ultima cosa, presidente Capotosti: questa presunta volontà di Eluana che le venissero sospese le ' cure'?
Qui sicuramente non c’è un atto di autodeterminazione. Si ricostruisce la sua presunta volontà di non subire alcuna forma di accanimento teraputico, ammesso e non concesso che il sondino per l’alimentazione sia tale. E una ricostruzione fatta attraverso frasi, brani, conversazioni intervenute circa venti anni fa. In un contesto completamente diverso dall’attuale.
Per l’ex presidente della Consulta l’esecutivo potrebbe essere legittimato a intervenire per impedire differenze fra le Regioni. Un atto che andrebbe reiterato fino a quando non ci sarà una legge sul fine vita
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enricorns
00sabato 22 novembre 2008 19:00
Le associazioni: in Europa per tutelare i diritti
ETICA E GIUSTIZIA
DI PAOLO VIANA
« V i vo la stessa situazione di Beppino Englaro ma ho fatto una scelta diversa. Sia chiaro che non lo giudico. Io giudico i giudici e dico che quella sentenza è una vergogna nazionale oltre che un pericolo per tutti coloro che vivono in stato vegetativo » . Anche quando parla del « nemico » , Claudio Taliento mantiene quel suo tono sereno. Merito della moglie Ada. La accudisce dal 23 giugno del 2003, data dell’emorragia cerebrale, e lei gli regala ogni giorno, ci dice, « lo spettacolo della vita » . Il « nemico » di Tagliento e di Risveglio, la onlus di cui è vicepresidente, è lo stesso di tutti coloro che hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per salvare Eluana. Questo nemico non è Beppino Englaro. Le 34 associazioni che hanno chiesto l’intervento dell’Europa se la prendono invece con chi ha autorizzato « il tutore a far morire di fame e di sete una persona in stato vegetativo sulla base di una volontà espressa in età giovanile e sostenuta dalla testimonianza di un terzo » dice Taliento.
L’amarezza di questo manager in pensione è quella di chi combatte un potere non solo invisibile, ma anche cieco e sordo.
« Non ne faccio una questione di fede, ma di diritto - ci spiega - . Le sentenze dei giudici, dalla corte d’appello alla Cassazione parlano di un’irreversibilità di condizioni che non è scientificamente provata, per quanto dopo sedici anni la speranza, lo ammetto, possa affievolirsi. I giudici, inoltre, sostengono che in quella condizione non si prova dolore ma migliaia di pagine di trattati scientifici dimostrano il contrario. E lo prova anche la nostra esperienza quotidiana » .
Risveglio associa famiglie di disabili con gravissime cerebrolesioni acquisite dai più diversi orientamenti politici e religiosi e si può dire lo stesso della Federazione nazionale associazioni trauma cranico: « la Cassazione fa giurisprudenza, quella sentenza è un passo gravissimo verso uno Stato che autorizza a spegnere la vita altrui » commenta il presidente Paolo Fogar, anche lui promotore del ricorso. Ha aiutato il cognato a vivere dignitosamente per quindici anni, dopo un rovinoso incidente automobilistico; ora lotta perché a chi si trova nelle condizioni di Eluana siano riconosciuti i diritti fondamentali alla vita e alle cure. « I livelli minimi di assistenza - spiega - non prevedono la loro patologia e i medici di famiglia fanno i salti mortali per assegnare una carrozzella » .
La federazione custodisce storie di amore e di dolore, ma anche di disagio economico: « dai fisioterapisti alle ristrutturazioni edili necessarie per ospitare chi si trova in queste condizioni, le spese sono altissime - precisa Fogar - e le famiglie sono costrette a fare tutto da sole. Quando, poi, non si raggiunge il livello di invalidità di Eluana, la società abbandona il paziente ai postumi dell’incidente, che possono condizionargli la vita se non sono affrontati con una riabilitazione tempestiva. In un simile contesto, uno Stato che opta per l’eliminazione di chi non riesce ad aiutare è una vergogna » .
Di « barbarie » parla apertamente Tagliento, che racconta così il suo ' dialogo' con Ada: « lei strizza gli occhi, digrigna la bocca, irrigidisce i muscoli se ha un disagio o un dolore. Può sembrare terribile, invece è un rapporto che si alimenta di amore e non è necessario credere in Dio per vivere questi momenti, difendere il diritto di chi li vive e combattere la sofferenza laddove si manifesta » . Lo conferma Paola Chiambretto, psicologa, segretaria di Vive, l’associazione che raggruppa specialisti e famigliari di persone in condizione di vita vegetativa. Anche in questo caso si tratta di un’associazione di associazioni, cui collaborano famiglie dai più diversi orientamenti culturali e religiosi. La Chiambretto si occupa di pazienti nelle condizioni di Eluana al Vitaresidence, una struttura specializzata del Comasco. « Siamo disponibili a ragionare di testamento biologico racconta - ma non a permettere che una persona sia lasciata morire di fame e di sete e questo a prescindere da qualsiasi visione religiosa. La persona in stato vegetativo è un disabile grave, non è un paziente in stato terminale, non è morente e non è attaccato a una macchina, sente il dolore ed esprime disagio o fastidio attraverso la mimica del volto o la contrazione degli arti. Nella mia attività professionale non ho conosciuto nessuno di loro che non riesca in nessun modo a far comprendere il proprio disagio ai famigliari, che possono decodificarne sospiri, colpi di tosse, lacrime... » Se, sottolinea, « non sono lasciati soli con il loro dramma » .
I gruppi che hanno fatto ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo dell’Ue contestano le sentenze sul caso Englaro sotto il profilo giuridico Le famiglie delle persone in stato vegetativo: i giudici parlano di un’irreversibilità non dimostrabile