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OMEOPATIA LA BURLA DEL SECOLO !

Ultimo Aggiornamento: 04/04/2011 13:31
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04/04/2011 13:31
 
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Omeopatia: terapie alternative e rimedi newage.

1. Le origini
L’omeopatia definita anche “l’altra medicina” o “medicina alternativa”, nasce da una idea del medico Christian Samuel Friedrich Hahnemman che prima di esercitare la professione aveva lavorato per molti anni come chimico in diverse città della Germania. Conseguita la laurea in medicina, aprì uno studio a Lipsia; a seguito, però, dei sospetti suscitati e delle rimostranze dei farmacisti della città, dovette trasferirsi altrove.
Girovagò per tutta l’Europa e intorno all’anno 1792 ebbe modo di osservare una certa somiglianza tra i sintomi della malaria e quelli che presentavano gli operai che estraevano il Chinino dalla corteccia della China.
Da qui la sua grande idea: “Ma certo!” esclamò “la Provvidenza non poteva fa altro che darci la possibilità di riconoscere facilmente le proprietà curative delle sostanze attraverso i veleni che le contengono e non attraverso complicate ipotesi e sofismi”.
Volle, allora, sperimentare su di sé il Chinino; le febbri intermittenti che ne derivarono lo convinsero della bontà della sua intuizione. Continuò allora provando su di sé i farmaci dell’epoca, annotando ogni volta i sintomi che provocavano e concluse che essi provocavano su un soggetto sano(cioè se stesso) gli stessi sintomi della malattia che avrebbero dovuto curare.
Stabilitosi a Parigi scrisse tutte le sue osservazioni in un trattato che intitolò patogenesia del rimedio.
Un po’ come quando chi ha la vista perfetta mettendo un paio di occhiali da vista può forse sperimentare il difetto ottico per cui quegli occhiali sono stati costruiti, nella stessa maniera in un sano che assume un farmaco si dovrebbero manifestare gli stessi sintomi della malattia per cui il farmaco è stato ideato. Da qui, dedusse che le cause che provocano un malanno in un sano possono curarlo in uno ammalato, ad esempio il tuffo nell’acqua gelida che avesse provocato una polmonite potrebbe, se ripetuto, per questa idea di Hahneman, fare guarire la polmonite che ha provocato, sempre che il soggetto sopravviva. Ancora…se il fumo di sigaretta fa tossire un soggetto sano, dovrebbe far guarire la tosse di un ammalato.


2. Principi di base dell’omeopatia

Recita il postulato di Hahnemman: “similia similibus curantur” (con i simili si curano i simili) in quanto, a sua detta, le sostanze tossiche dovrebbero essere usate per curare le malattie che presentano gli stessi sintomi che provocano su un soggetto sano.
Da qui le quattro regole omeopatiche di Hahneman.
Prima regola: l’elemento patogeno che genera la malattia stessa può essere usato come medicamento. Proprio in base a questa prima regola ebbe origine la parola omeopatia che è formata da due termini derivanti dal greco òmoios(simile) e pàthos(sofferenza, malattia).
La seconda regola di Hahnemman è altrettanto bizzarra, afferma infatti che l’effetto curativo di dette sostanze tossiche è inversamente proporzionale alla quantità di sostanza somministrata; cioè se somministrate in dosi minori le sostanze curative avrebbero maggiore potere terapeutico. Da qui ovviamente la terza regola ancor più sconvolgente, afferma che diluizione e succussione potenziano le caratteristiche terapeutiche latenti contenute in tutte le sostanze. Per succussione (termine sconosciuto nei dizionari di lingua italiana nonché nei glossari medici) gli omeopati intendono un processo di diluizione unitamente ad una somministrazione di scosse impresse al contenitore secondo l’asse terrestre, nota anche col nome di dinamizzazione.
La dinamizzazione è il procedimento, inventato da Hahnemman e in seguito modernizzato dai suoi successori, con cui si ottengono, mediante successive diluizioni, i medicamenti omeopatici.
Spieghiamo tale procedimento: un grammo della sostanza tossica medicamentosa viene diluita in rapporto 1 a 100 in cento grammi di acqua bi-distillata e scossa per 100 volte, viene preso un decimo della soluzione ottenuta e la si aggiunge a 99 parti di ugual misura costituite ancora da acqua bi-distillata od alcol, questo procedimento viene ripetuto più volte a seconda del grado di solubilità che si desidera ottenere.
Si possono così ottenere diluizioni di 1/100 , 1/10000, 1/1000000 e così via, dopo 12 passaggi avremo ottenuto che la soluzione iniziale sarà in misura di 10 alla meno 24 cioè di grammi 0,000000000000000000000001 Il medicamento così ottenuto conterrà la sostanza curativa in misura non più rilevabile dagli strumenti Geiger e l’efficacia terapeutica sarebbe di grado elevatissimo, come a dire che se la sostanza fosse presente in maniera infinitesimale o meglio ancora non fosse più presente, lascerebbe comunque un’impronta del suo passaggio, arrecando così notevolissimo beneficio al paziente in cura. Mi viene da pensare all’effetto curativo che ha l’acqua che esce dal rubinetto di casa nostra considerando che in milioni d’anni dovrebbe averne ricevute di sucussioni per mescolamenti naturali con tutte le sostanze che esistono in natura. Secondo l’omeopatia qualsiasi sostanza può essere impiegata per preparare un rimedio omeopatico, ad esempio anche quella contenuta in un manico di ombrello, per citarne una a caso, se trattata opportunamente; provate a somministrarvene un po’ ben tritata in un bicchiere d’acqua, l’effetto che vi procurerà dovrebbe indicarvi tutte le malattie con identici sintomi che potrete curarvi da soli home-made.
Si noti come questa teoria sia in contrasto con i principi della medicina tradizionale che si basa solo su tutto ciò che dimostrabile teoricamente facendo riferimento a precise leggi fisiche confermate da serie sperimentazioni di laboratorio.
Finalmente la quarta ed ultima regola: i rimedi esperimentati su di se e su i suoi allievi non solo provocavano i sintomi delle malattie che avrebbero dovuto curare, ma originavano stati mentali particolari come paure, anomalie del comportamento o atteggiamenti comunque insoliti nei soggetti esaminati da Hahneman. Quindi, anche questi stati mentali si sarebbero potuti curare come le malattie fisiche ad essi legate. Si dedusse che la malattia coinvolgeva nella sua integrità il paziente; psiche e corpo in una completa interdipendenza.
Se queste scoperte fanno oggi la fortuna di molte farmacie che espongono il logo “omeopatia” procurarono allora ad Hahnemann una tale fama e tali onori da meritargli la nomina di socio onorario della allora prestigiosa Società Economica di Lipsia (la stessa che in gioventù lo aveva diffidato?) e della Accademia delle Scienze di Magonza. La sua fama crebbe e si diffusero sul suo conto certe leggende, si comincio a parlare della sua genialità precoce, si disse che a dodici Hahneman fosse già in grado di competere con i dottori(chiara allusione all’infanzia di Gesù); il mito crebbe cominciarono così a diffondersi alcuni episodi strabilianti della sua vita, c’è chi disse addirittura che al liceo sapesse il greco meglio del proprio professore che sostituiva volentieri durante le sue assenze e che già giovanissimo conoscesse una decina di lingue tra occidentali e orientali.

3. La teologia di Hahnemman

Nei testi ufficiali dell’omeopatia quali l’Organon o Arte del guarire che uscì in sei edizioni successive ad opera dello stesso Hahneman, a cui, nel tempo, i suoi seguaci hanno cercato di attribuire il titolo di “disciplina medica” ripiegando poi su “medicina alternativa”, non potendo far riferimento ad alcuna legge scientifica, si ricorre a certe affermazioni che hanno somiglianza con l’antica magia ripresentata però con una veste moderna.
Alla base di ogni medicamento omeopatico vi sarebbe, cioè, un’energia definita come “Bioenergia” di cui l’intero universo è intriso e che lo mantiene in perfetto equilibrio, identificabile con il prana; termine sanscritto che indica il respiro, l’energia che dona e conserva la vita che gli occidentali chiamerebbero anche Spirito Santo(?). Hahneman suggerisce l’origine di questa straordinaria energia identificandola nella “Provvidenza” o più genericamente nella “Divinità” che in seguito sarà individuata come “Super Io” da un suo illustre allievo: il dottor Edward Bach, quello ormai famoso per la terapia a base dei petali dei fiori che prese il suo nome (i fiori di Bach).
Nell’economia di questo equilibrio universale, giocherebbero questi elementi in dosi infinitesimali ma dotati di un incredibile potere curativo che aspetta solo di essere scoperto ed utilizzato dall’uomo mediante tecniche empiriche molto simili alle pratiche medievali di sapore magico che pensavamo fossero per sempre dimenticate.
Ecco riapparire la magia più vitale che mai ma con nomi camuffati in maniera da apparire ai profani come una disciplina affatto scientifica; se nel medioevo si presentava con sfaccettature inquietanti ora si propone invece in maniera accattivante e convincente.
Dove la medicina tradizionale, asettica, fredda e rigida sembra essere impotente, l’omeopatia propone una terapia che attingendo ad una non ben specificata energia universale procurerebbe in maniera stupefacente la guarigione certa. Queste assicurazioni degli omeopati riaccendono nel malato,inguaribile coi sistemi tradizionali, la speranza ed anche se il miracolo non avviene, si devono però riconoscere, soprattutto a livello psichico, taluni benefici dovuti all’effetto placebo dovuto al potere suggestivo generato dalle assicurazioni di successo fornite dagli omeopati curanti. Sarà, poi, il progresso a studiare e a spiegare in un futuro quanto mai lontano, come la segatura ottenuta da un manico di scopa se diluita opportunamente in acqua bi-distillata possa guarire o illudere i pazienti sottoposti a queste cure. In omeopatia vi sono rimedi inimmaginabili, cita Ruggero Dujani omeopata che opera a Milano, quali la sabbia della spiaggia o un po’ di origano, il rossetto per le labbra o la cipria per il viso.
James Compton Burnet, famoso omeopata inglese ama proclamare che: “ Anche la sozzura più immonda diventa oro purissimo se trattata omeopaticamente.”
Niente di nuovo sotto il cielo se pensiamo che già nelle formule della maggior parte delle misture magiche del medioevo apparivano i composti più orripilanti.

4. L’antropologia secondo Hahnemman.
Esisterebbero delle ben definite personalità legate al rimedio omeopatico per citare quelli che Hahnemano individuò come i più importanti facendo riferimento ad Arsenicum, Sulphur, Lachesis, Pulsatilla, e così via. Individuò così il concetto di identità paziente-rimedio.
Con Arsenicum (arsenico) identificò l’avaro, elegante, pauroso e freddoloso.
Con Sulphur(zolfo), invece, identificò l’individuò sporco e sciatto, villano, amante dei cibi grassi che pontifica dal suo divano buono, cospargendolo di cenere e forfora (?) atteggiandosi a grande filosofo. Con Lachesis, una donna gelosissima, maldicente e logorroica, con Pulsatilla una persona mite, fragile, indecisa, bisognosa di compagnia, che non tollera i cibi grassi, sempre raffreddata e con problemi alla vescica e così via…Per cui nella somministrazione dei rimedi omeopatici il faccendone omeopata deve rispettare queste tipologie della miseria umana se non vuole vanificare l’effetto dei rimedi omeopatici.Davvero allucinanti le classificazioni delle tipologie umane della patologia omeopatica, ritenute basilari per l’individuazione delle cure omeopatiche adatte. Perché la cura non deve prescindere dagli aspetti somatici del soggetto se si vuole ottenerne la perfetta guarigione.
I tre tipi costituzionali sarebbero: carbonico, fosforico e fluorico. O meglio Sicotico, psorico e sifilitico. Non si pensi però alla valenza di questi termini. Il sicotico è ambizioso megalonico e tronfio ama cioè ostentare ed essere al centro dell’attenzione.
Lo psorico individua il tipo confuso mentalmente che non arriva subito a soluzioni rapide, che ama essere polemico nelle sue scritture e che non disdegna di alzare il gomito di tanto in tanto.Il sifilitico non sa concentrasi, perde il filo del discorso facilmente, è anch’esso polemico ma per via di fatti, cioè litigioso che viene alle mani, ama auto-distruggersi anche facendo uso di alcolici. Il psicotico è superficiale e ridondante, logorroico e noioso.
Queste definizioni aiutano l’omeopata coscienzioso nello svolgimento della sua professione.Prima ancora della diagnosi e della cura è importante l’investigazione sul comportamento del paziente per determinare l’appartenenza alle tre tipologie, a questa operazione si dedicherà l’omeopata con lo stesso spirito del poliziotto.
E’ importante perciò procedere dapprima all’interrogatorio per approfondire la propria conoscenza del soggetto da curare, non un dialogo da psicanalista dunque ma una vera e propria indagine che se nella medicina tradizionale possono aiutare a scegliere la giusta terapia, qui non si capisce a quali conclusioni possa portare.
Le domande saranno del tipo:
A che ora del giorno soffre di più?
In che stagione?
Quando suda?
Dove suda?
Come sopporta le cinture, gli abiti stretti, i polsini corti?
Come si cicratizzano le ferite?
Sotto la crosta c’è pus?
Che cosa odia?
E’ geloso?
E’ egoista? Etc.
Altre domande saranno di tipo più personale ed intimo legate alle funzionalità dell’organismo e all’aspetto somatico del corpo.

5. Omeopatia e erboristeria: confusione e non conoscenza.

I prodotti omeopatici non hanno nulla a che spartire né con quelli della medicina tradizionale né con quelli dell’erboristeria a cui essi spesso si accompagnano sul bancone delle farmacie; non si basano né su studi né su ricerche scientifiche, sono piuttosto frutto di tentativi empirici senza alcun fondamento che di sperimentazioni.
L’omeopatia non ha nulla in comune con l’erboristeria perché non si basa sullo studio chimico delle sostanze vegetali che impiega; e nemmeno con la farmaceutica tradizionale in quanto non si occupa dello studio della struttura molecolare degli elementi che costituiscono le sostanze usate per ottenere i cosiddetti “rimedi omeopatici”.
Possiamo con sicurezza affermare che si rifà unicamente ad una affermazione di una irrazionalità sbalorditiva:
“Quello che fa ammalare il sano guarisce l’ammalato dalla stessa patologia se somministrata in dosi infinitesimali e opportunamente dinamizzata(?)”.
Il potere di questi rimedi sarebbe dovuto soprattutto alla bio-energia che l’operatore trasferisce in essi e non alla struttura e alle reazioni chimiche delle molecole contenute nella sostanza usata.
Si potrebbe pensare ad una beffa della credulità se non fosse per l’impegno e la convinzione degli operatori omeopatici che vi si dedicano.
La tendenza a confondere l’omeopatia con l’erboristeria nell’immaginario collettiva è dovuta più a motivi commerciali che ad affinità particolari in pratica inesistenti.
Le tinture madri di biancospino, di valeriana, di pervinca, di ribes o di altre erbe medicinali fanno parte dell’erboristeria, una delle più antiche forme della farmaceutica tradizionale, l’acqua distillata opportunamente manipolata è l’unico ingrediente di ogni rimedio omeopatico.
Solo successivamente in conseguenza delle speculazioni di Bach può esserci stata la mescolanza con qualche goccia di buon brendy, il tutto ad ottimi prezzi di vendita.


Bibliografia:

Ruggero Dujany, “introduzione all’Omeopatia”, red edizioni, Novara 1978, 2003
Marco Lombardozzi, Iniziazione alle energie sottili, Mediterranee.
Terapie Alternative - Tre dossier pubblicati da L'Espresso (dicembre 2000, aprile e maggio 2001)
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