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Commento al Vangelo del 1° marzo
Una predicazione
che scuoteva i cristiani
All’inizio di Quaresima
Mc 16,9-16; Is 57,21-58,4a; 2Cor 4,16b-5,9; Mt 4,1-11
27.02.2009

di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano

Oggi, prima domenica di Quaresima, abbiamo aperto il libro dei Vangeli alla stessa pagina che in questo giorno leggeva il nostro padre Ambrogio. Sappiamo infatti che in questa domenica sant’Ambrogio leggeva e commentava la pagina delle tentazioni. Diceva: «Abbiamo appena letto e ascoltato che Gesù digiunò nel deserto». Noi ci ritroviamo, dopo tanti secoli, a ripercorrere i passi dei nostri Padri nella fede. Iniziamo il tempo quaresimale secondo una tradizione che qualcuno vorrebbe far risalire ai tempi apostolici. Nel V secolo san Gerolamo scriveva: «In tutto il mondo noi cristiani digiuniamo secondo la tradizione apostolica». Accanto a Gesù, protagonista della pagina evangelica è il diavolo. Tentiamo, allora, di fare la difficile meditazione sul diavolo. E’ questo un tema oggi raramente presente nella predicazione mentre era un tema caro ai predicatori quaresimali. Con stile talora terroristico evocavano morte, giudizio, inferno e demoni per scuotere i cristiani tiepidi e chiamarli a conversione. Il padre Matteo da Bascio, fondatore dei Capuccini, dal pulpito declamava questo ritornello: «All’inferno peccatori, scellerati al grande inferno. Che il ben fare avete a scherno, ostinati negli errori, scellerati al grande inferno».
Oggi questi linguaggi ci fanno sorridere ma non dobbiamo liberarci, con un gesto di sufficienza, di questa difficile realtà. Ricordo una parola di Paolo VI: «Sarebbe questo sul demonio e sull’influsso ch’egli può esercitare sulle singole persone, come su comunità, su intere società o su avvenimenti, un capitolo molto importante della dottrina cattolica da ristudiare, mentre oggi è poco studiato». I Vangeli ne parlano spesso e non possiamo fare come se tale realtà non esistesse.

I volti del male

Notiamo un particolare che mi sembra assai significativo. Il testo odierno adopera tre termini per indicare questa potenza e nella Bibbia numerosi sono i termini che designano tale presenza: satana, demonio, maligno, avversario, nemico, principe di questo mondo, beelzebul… Il male assume volti e forme varie e mutevoli, così come si dice con nomi molteplici. Lasciamoci guidare nella decifrazione del demoniaco da alcuni dei suoi nomi.
Il primo, diavolo, il più comune è diventato quasi un termine familiare e simpatico. E’ un buon diavolo, si dice. Diavolo è termine greco che sta per divisione. Tutto ciò che scava inimicizia, erige muri e barriere di separazione è opera diabolica. Dove si genera estraneità, distanza e sospetto lì è opera diabolica. Soprattutto è opera diabolica la nostra separazione da Dio, la nostra diffidenza in Lui.
Il secondo nome è tentatore. Tentare vuol dire mettere alla prova con malizia, vuol dire seduzione che allontana dal vero e dal bene per cedere a ciò che è seducente. Tutte le volte che le nostre scelte sono guidate da ciò che ci seduce piuttosto che da ciò che costruisce il bene, allora il tentatore è all’opera.

Le notti del mondo

E il terzo titolo: satana. Il termine sta per avversario e indica tutto quanto si oppone a Dio. E’ il non volere che Dio sia Dio, il primo e decisivo bene della nostra vita preferendogli piccoli o grandi idoli. E’ piegarsi davanti a pseudo-valori.
Diversi i nomi del demoniaco, diverse le forme del male. La Chiesa invitandoci oggi a questa dura meditazione vuol tenere viva in noi la sensibilità nei confronti del male, renderci cauti e un poco scettici nei confronti di tutte le visioni trionfalistiche sull’uomo e sulla storia. Alla domanda: dove va la storia? Dove va l’uomo? L’ottimismo fondato sulle sole risorse dell’uomo risponde: Va di chiarezza in chiarezza, in costante progresso verso il meglio. Magnifiche e progressive sarebbero le sorti dell’umanità. Guardiamo a noi stessi e alla vicenda umana con serena capacità di apprezzamento, ma c’è una dura verità nell’invocazione: liberaci dal male o dal maligno. Il mondo ha le sue notti e talora sono notti fonde senza il chiarore di una stella. Ma non serve imprecare contro l’oscurità: meglio accendere una pur piccola luce.