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Riflessioni per argomento

Ultimo Aggiornamento: 03/10/2011 11:33
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03/10/2011 11:33
 
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1.    La felicità…

 Facezie e arguzie:  21. Come ti spieghi, abba, che tanti cattivi abbiano una vita felice?  Quel che tarda avverrà. La cattiveria è come un leone alla catena; prima o dopo sbranerà il suo padrone.     La Filocalia: b) Chi per la virtù è rattristato da pene nella carne, per questa virtù stessa si rallegra nell’anima, come se contemplasse presente la bellezza delle realtà future. (Massimo il Confessore, capitoli vari IV centuria .10 – Filocalia Volume II pag.240). c) Ma la tristezza per la povertà secondo il mondo produce la morte dell’anima – dice l’Apostolo – mentre la tristezza per la povertà secondo Dio produce una conversione irrevocabile per la salvezza dell’anima(Cfr. 2 Cor. 7,10.); e da un lato, alla povertà involontaria segue un’afflizione involontaria, dall’altro, a quella volontaria segue necessariamente un’afflizione volontaria. Ma poiché l’afflizione detta qui beata è legata alla povertà secondo Dio e nasce necessariamente per quella, essa dipende anche tutta da quella come dalla sua causa e da quella le proviene insieme il carattere spirituale e volontario. Ma vediamo come la beatissima povertà genera la beata afflizione. (Gregorio Palamas , Alla monaca Xene – Filocalia Volume IV pag.29)                   

2.    Il consiglio

 Facezie e arguzie:

66. «Aiutami abba - supplicò un novizio appena entrato in monastero -. Trovo tutto così difficile». Gli rispose l’anziano: «Coraggio! Tutto è difficile prima di essere semplice!». 67. Un uomo di mondo, fattosi monaco, si confidò un giorno con l’abate Antonesimo. «Abba - gli disse - non riesco a dimenticare nulla della mia vita passata». «Mi sembra strano. Forse è perché non sai scegliere quel che devi dimenticare...».  299. «Vado a consultare abba Poemen» disse un giorno un fratello a un anziano. «Bada - gli fece l’anziano - che consultare significa quasi sempre domandare a qualcuno di essere del nostro parere...». 

356. Un giovane del mondo venne un giorno da abba Arsenio per un consiglio: «Voglio fare il medico, abba, ma non so se studiare per curare gli occhi oppure i denti». L’anziano rispose: «Fare il medico è sempre cosa buona. Ma non dimenticare che gli occhi sono due, mentre i denti…».

 

484. Un anziano chiese a un altro anziano: «Secondo te, fratello, Ë meglio seguire il cuore o l’intelligenza?». Rispose l’anziano: «Il cuore». «E per quale motivo?». Disse l’anziano: «Per il semplice motivo che il cuore detta i doveri, mentre l’intelligenza fornisce i pretesti per eluderli».

 

486. Un giovane monaco andò dal grande Giovanni. «Abba - gli disse - ci sono molti che mi lodano. Che consiglio mi dai?». Questo disse l’anziano: «Quando qualcuno ti lecca i piedi, fermalo prima che cominci a morderti…».

 

Vita e detti  dei Padri del deserto: [1]

1)     Si diceva che alcuni si recarono dal padre Agatone, poiché avevano sentito parlare del suo grande dono del discernimento. Per metterlo alla prova e vedere se si adirava gli dicono: “Tu sei Agatone? Abbiamo sentito dire che sei fornicatore e superbo” Risponde “Si, è vero”. “Tu sei Agatone chiacchierone e pettegolo?”. “Lo sono” Dicono di nuovo: “Tu sei Agatone l’eretico?”. “Non sono eretico”, risponde. Lo pregarono: “Spiegaci perché quando ti abbiamo accusato di cose tanto gravi, tu le hai accettate, e questa sola non l’hai sopportata”. Disse loro: “Delle prime io stesso mi accuso, ed è utile all’anima mia, ma l’eresia è separazione da Dio e io non voglio essere separato da Dio". Udendo ciò, ammirarono il suo discernimento e se ne andarono edificati.                                                                           (109c; PJ X, 10 – pag. 112). 2)     Il padre Antonio disse: “Vi sono di quelli che martoriano il corpo nell’ascesi e, mancando di discernimento, si allontano da Dio.  (PJ X,1 – pag. 83 ) 3)     Nel deserto c’era un tale che cacciava belve feroci; e vide il padre Antonio che scherzava con i fratelli e se ne scandalizzò. Ma l’anziano volendo fargli capire che occorre talvolta accondiscendere ai fratelli, gli dice: “Metti una freccia nel tuo arco e tendilo”. Egli lo fece. Gli dice: “Tendilo ancora”, e lo fece. Gli dice un’altra volta: “Tendilo”. Il cacciatore gli dice: “Se lo tendo  oltre misura, l’arco si spezza”. L’anziano gli dice: “Così accade anche nell’opera di Dio, se coi fratelli tendiamo l’arco oltre misura, presto si spezzano. Perciò talvolta bisogna essere accondiscendenti con i fratelli”. Ciò udendo, il cacciatore fu preso da compunzione e se ne andò molto edificato. E anche i fratelli ritornarono confortati ai loro posti(77 d-80a; PJ X, 2b – pag. 84). 4)     Si tenne consiglio a Scete su un certo problema e si prese una decisione. Piu tardi Agatone venne e disse: “Non avete deciso bene la cosa”. Gli dissero: “E tu chi sei a voler parlare?”. Rispose: “Un figlio d’uomo; sta scritto infatti: Se veramente parlate di giustizia, giudicate con rettitudine, o figli degli uomini[2] (PJ X, 12 – pag. 115) 5)     Un fratello venne da padre Poemen a dirgli : “Semino il mio campo e del suo frutto faccio elemosina”. “Fai bene”, gli dice l’anziano. Quello se ne andò con l’ardore e continuò nella sua elemosina. Lo venne a sapere il padre Anub e disse al padre Poemen: “Non temi Dio[3], da parlare così al fratello?”  L’anziano tacque. Dopo due giorni mandò a chiamare il fratello, e gli disse, in presenza del padre Anub: “Che cosa mi hai detto l’altro giorno? Avevo la mente altrove”. E il fratello   : “Ho detto che semino il mio campo e ne faccio elemosina”. “Credevo che tu parlassi di tuo fratello che vive nel mondo, disse il padre Poemen, ma se sei tu che fai questo, non è lavoro da monaci”. A tali parole, l’altro si rattristò e disse: “Non so fare nessun altro lavoro che questo, e non posso non seminare più il mio campo”. Quando se ne fu andato, il padre Anub si prostrò dinanzi all’anziano e disse “Perdonami”. Dice il padre Poemen: “Sapevo anch’io fin dal principio che non è lavoro da monaci, ma ho parlato conforme al suo pensiero[4] e gli ho dato ardore nel progresso della carità. Ora invece se ne è andato afflitto e continua a fare lo stesso lavoro”. (328abc; PJ X, 46)                  
      La Filocalia: a) Come in noi la parola, procedendo per natura dall’intelletto, è messaggera dei suoi moti segreti, così il Verbo di Dio, conoscendo per essenza il Padre, come una parola conosce l’intelletto che l’ha generata – mentre nessuno degli esseri generati può accostarglisi senza di lui – rivela il Padre che ha conosciuto in quanto Verbo per natura: per questo è anche detto messaggero del gran consiglio(Cfr. Is. 9,5.)

Gran consiglio di Dio Padre è il mistero taciuto e sconosciuto dell’economia, quello che il Figlio Unigenito rivelò compiendolo mediante l’incarnazione, divenendo messaggero del grande, consiglio di Dio Padre precedente i secoli. E diventa messaggero del grande consiglio di Dio colui che ha conosciuto la ragione del mistero e tanto si innalza con l’opera e la parola, incomprensibilmente, attraverso tutte le cose, finché giunga a Colui che tanto si è abbassato verso di lui. (Massimo il Confessore Duecento capitoli. II Centuria par. 22-23 - Filocalia Volume II pag.142)

 b) Ma ora che ne sono stato comandato, scrivo, non ciò che io penso, ma ciò che vuole Dio che, per grazia, ci fa conoscere quanto giova. Dice infatti Davide: Il consiglio del Signore rimane in eterno e i pensieri del suo cuore, di generazione in generazione(Sal. 32,11.). Per consiglio di Dio Padre forse intende quell’ineffabile annientamento del Figlio Unigenito per la deificazione della nostra natura, in base al quale egli ha fissato un termine a tutti i secoli. Per ‘pensieri del suo cuore’, le ragioni della sua provvidenza e del giudizio, con le quali sapientemente governa la vita presente e la futura, quasi diverse generazioni, assegnando a ciascuna il suo modo di operazione appropriato. Ma se è opera del divino consiglio la deificazione della nostra natura. E se scopo dei divini pensieri è portare a termine ciò di cui la nostra vita va in cerca, allora giova conoscere e praticare la preghiera del Signore, per poi scrivere in modo conveniente sul suo significato. (Massimo il Confessore - Sul Padre nostro - Filocalia Volume II pag.292) c) Come sono meravigliose le tue opere, Signore! (Cfr. Sal. 103, 24.) Davvero cose gloriose sono state dette di te, città di Dio(Sal. 86,3.), cuore fedele.Se, udendone, hai compreso il grande disegno del nostro Dio, conforme all’inconcepibile beneplacito della soprannaturale benevolenza del Padre, consiglio che Gesù è venuto a portare, quale angelo che ce lo ha rivelato(Cfr. Is. 9,5.)  per una bontà e un amore straordinari alla nostra stirpe ed eccellenti la nozione di santità, consiglio secondo il quale tutte le ragioni delle cose visibili si raccolgono in un’unica parola concisa(Cfr. Is. 10,23; parola (ldgoz) = ragione.) che Dio ha promesso di darci – se lo hai compreso, non cesserai mai di essere nello stupore, nella gioia e nella pace.(Callisto Patriarca – Capitoli sulla preghiera  § 32 – Filocalia Volume IV pag. 319).  Mi ricordo che una volta, al tempo della mia giovinezza, giunto dalle parti della Tebaide dove viveva il beato Antonio, accadde che gli anziani si riunisono da lui e con lui si interrogavano riguardo la perfezione della virtù: quale fra tutte potesse essere la virtù più grande, capace di custodire il monaco illeso dalle reti del diavolo e dai suoi inganni. Ciascuno dunque diceva il suo parere, secondo ciò che la sua mente ne poteva comprendere. … Ultimo fra tutti prese la parola il beato Antonio: - Tutto ciò che avete detto è necessario e utile a chi cerca Dio e desidera giungere a lui. Ma non ci è consentito di dare il primato a nessuna di queste virtù perché in molti ci siamo consumati in digiuni e veglie, ci siamo ritirati nel deserto, abbiamo praticato la povertà al punto da non avere neppure il cibo quotidiano, fatto l’elemosina al punto che non bastavano i beni da distribuire, e poi c’è chi miseramente venuto meno alla virtù, scivolando nel vizio. Che cosa li ha fatti deviare dalla retta via? Secondo la mia regola e il mio parere ciò non può dipendere altro che dal non avere avuto il carisma del discernimento. E’ il discernimento che insegna all’uomo a camminare per la via regale, lasciando ogni eccesso e da una parte e dall’altra. Esso non permette che si sia ingannati da destra per una smodata continenza, né che da sinistra si sia trascinati all’indifferenza e al rilassamento, Il discernimento infatti è una specie di occhio e di lampada dell’anima, secondo la parola evangelica: La lucerna del tuo corpo è il tuo occhio: se dunque il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso, ma se il tuo occhio è tenebroso, tutto il tuo corpo sarà tenebroso[5]. Ed è proprio così: perché il discernimento, scrutando tutti i pensieri e le opere dell’uomo, distingue e separa tutto ciò che è cattivo e sgradito a Dio e allontana dall’uomo l’inganno. Questo lo impariamo anche da ciò che narra la sacra scrittura. Saul, al quale per primo era stato affidato il regno d’Israele, per non aver avuto quest’occhio del discernimento ebbe la mente ottenebrata, non seppe discernere come, piuttosto che l’offerta di un sacrificio. Dio gradiva l’ubbidienza al comando del santo Samuele. E così, proprio in ciò con cui credeva di rendre culto a Dio, trova invece inciampo ed è rigettato dal regno[6] : il che non avrebbe dovuto subire se avesse posseduto in se stesso lòa luce del discernimento.    (Cassiano il Romano – A Leononzio Igumeno. I santi padri che vivono a Scete. Discorso sommamente utile a proposito del discernimento. – Filocalia Volume I pag. 159-160). e) Anche l’Apostolo chiama sole il discernimento: il sole non tramonti sul vostro sdegno[7] Esso è pure chiamato guida della nostra vita, secondo quanto sta scritto: Coloro che non hanno guida cadono come foglie[8]. La scrittura lo chiama pure consiglio, e ci ammonisce a non fare nulla senza di lui. Impariamo così che neppure lo steso vino spirituale che rallegra il cuore dell’uomo[9] è lecito bere senza discernimento, conforme alla parola: Bevi vino con consiglio[10] e anche secondo quanto è detto: Città abbattuta e priva di mura, tale è l’uomo che non fa tutto con consiglio[11]. In esso sono la sapienza, l’intelligenza e la percezione; cose senza le quali non è possibile neppure costruire la nostra dimora interiore, né raccogliere ricchezze spirituali, secondo quanto è detto: Con la sapienza si costruisce la casa e con l’intelligenza la si erige, e con la prudenza si riempiono i magazzini di ricchezza[12] Il discernimento è chiamato cibo solido di coloro che dall’abitudine hanno i sensi esercitati a discernere il bene dal male[13]. Da tutto ciò, dunque, appare in modo evidente come, senza il carisma del discernimento. Nessuna virtù possa sussistere e permanere salda sino alla fine: esso è infatti madre e custode di tutte le virtù. (Cassiano il Romano – A Leononzio Igumeno. I santi padri che vivono a Scete. Discorso sommamente utile a proposito del discernimento. – Filocalia Volume I pag. 160-161).   f) Colui che vive e si conduce secondo la carne e contro natura ha totalmente perduto il proprio discernimento. Chi si è allontanato dal male e ha iniziato a fare il bene – secondo quanto sta scritto: Distogliti dal male e fa’  il bene [14] – costui, come uno che comincia e tende l’orecchio all’insegnamento, si affaccia al meno un poco a qualche percezione di discernimento conveniente a un principiante. Chi vive secondo natura e psichicamente dominando con la mente e secondo ragione le sue potenze vitali – chiamato anche intermedio – costui, secondo la sua misura vede e discerne ciò che guarda lui stesso e quelli che sono simili a lui. Chi vive oltre la natura e spiritualmente, superato il passionale, il principiante e il limite dello stato intermedio ed essendo progredito, per la grazia di Cristo, sino alla perfezione, cioè fino alla illuminazione enipostatica[15] e al perfettissimo discernimento, costui vede e discerne se stesso in modo luminosissimo. Anzi egli vede e discerne tutti puramente, mentre quanto a lui, anche se visibile, non è però visto né valutato da nessuno. E certo non lo si può giudicare perché è veramente spirituale e tale è chiamato, non su carta e con inchiostro, ma per pratica e per grazia, come dice il divino Apostolo: Lo spirituale giudica tutti, ma non è egli stesso giudicato da nessuno[16].        (Callisto e Ignazio Xanthopouli – Metodo e canone rigoroso ; il generale e perfettissimo discernimento. Chi sia colui che vive contro natura e carnalmente. Chi, colui che vive secondo natura e psichicamente e chi, colui che vive oltre la natura e spiritualmente. – Filocalia Volume IV pag. 211-212).   

g) Dio non cerca i fatti anche se appaiono belli, ma lo scopo per cui si fanno. Infatti anche i padri teofori dicono che quando l’intelletto dimentica lo scopo della pietà, allora l’opera manifesta della virtù diventa inutile, giacché le cose fatte senza discernimento e senza scopo , non solo non giovano a nulla anche se sono buone, ma addirittura danneggiano ; come è invece tutto il contrario per quelli che sembrano mali, ma si fanno con un fine di pietà, secondo Dio: come chi entra in un postribolo e strappa la prostituta dalla rovina. Quindi è chiaro che, né è misericordioso chi fa l’elemosina ogni tanto, né è continente chi usa allo stesso modo la continenza, ma colui che il più possibile, per tutta la sua vita, persegue compiutamente la virtù con discernimento sicuro. Infatti il discernimento è la più grande di tutte le virtù, come regina e virtù delle virtù. E così anche, viceversa, non diciamo prostituta, ubriaco, bugiardo chi è caduto una volta in ciascuno di questi vizi, ma chi cadendovi molto spesso vi resta senza correggersi. (Giovanni Damasceno – discorso utile - Filocalia Volume II  pag. 351).

               


[1] Luciana Mortari a cura di - Vita e detti dei padri del deserto – minima di Città Nuova Editrice via degli Scipioni 265 – 00192 Roma   (Con approvazione ecclesiastica)

[2] Sal 57,2

[3] Cf. Lc 23,40.

[4] E’ un punto essenziale del discernimento di un padre spirituale il conformarsi in qualche modo alla “misura” dell’interlocutore; assecondare, disporre ad accogliere e capire le intime mozioni dello Spirito, ma non prevenirle intempestivamente chiedendo qualcosa che ancora Dio non chiede e per cui quindi non dà la grazia necessaria. Questo è infatti uno dei tanti detti di Poemen che la serie sistematica raccoglie nel capitolo sul discernimento (cf. p. 367).  

[5] Mt 6,22 ss.

[6] Cfr. 1Re(1Sam.) 15,17-23.

[7] Ef. 4,26.

[8] Pr 11,14.

[9] Sal. 103,15.

[10] Pr 31,4.

[11] Pr. 25,28

[12] Pr. 24,3 ss.

[13] Eb 5,14.

[14] Sal 53,15

[15] forse dal greco (?) Enipo = biasimare (?) [non riportato nemmeno nel glossario]

 

[16] 1 cor. 2, 15 (variante: ‘tutti’ anziché ‘tutto’).

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