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Adolescenti e adulti oggi

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2011 20:24
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30/09/2011 00:08
 
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Saggi d'autore per l'educatore d'oggi


Tratto da “il rischio educativo” di Luigi Giussani – Jaca Book – 1977

Introduzione nella realtà, ecco cosa è l’educazione. La parola “realtà” sta alla parola “educazione” come la meta sta ad un cammino. La meta è tutto il significato dall’andare umano: essa è non solo nel momento in cui l’impresasi compie e termina, ma anche in ogni passo della strada. Così la realtà determina integralmente il movimento educativo passo passo e ne è il compimento.
 




Tratto da Scritti e pensieri di Franco Lepori  2008 società Demopedeutica



In questi ultimi anni fanno parlare molto di sé gli adolescenti, essi sono diventati oggetto di preoccupazione per le generazioni precedenti. Questa massa di giovani è rumorosa e inquieta, lo sa bene chi ha avuto a che fare con gli adolescenti che sono personaggi a cui non piace passare inosservati. Si direbbe che questo fenomeno sia più sentito ai nostri giorni che nel passato. C’è da rilevare che a differenza del passato i giovani d’oggi sono tutti dediti agli studi. Nel passato, la maggior parte di essi era impegnata nel lavoro degli adulti, e questo favoriva l’adattamento al mondo della vita sociale. L’evoluzione sociale: il cambiamento delle condizioni di vita e l’evoluzione delle idee. Possiamo pensare a un’immagine nuova della gioventù che inquieta gli adulti responsabili. Altresì occorre aggiungere che gli adulti che non vivono a contatto con i giovani hanno un’immagine stereotipa fornita dai mass media, un’immagine non rassicurante, diversa da quella di un passato ancora recente. L’adulto e specialmente il genitore si sente scombussolato, inquieto, disorientato. Il sacrosanto autoritarismo è sempre più spesso sostituito da un lasciar-fare che rasenta l’abbandono puro e semplice dei giovani. Oppure si assiste alla reazione opposta in cui alcuni genitori ritengono che in fin dei conti questi giovani esagerano e occorra reprimere ogni loro esagerazione. Una sparuta minoranza ritiene di dover provare qualsiasi modo di trattare i figli pur di ottenere un risultato, senza però riscontri e si sentono angosciati. L’incertezza, l’incoerenza, il dubbio, l’incoerenza nell’atteggiamento dei genitori li rendono poco credibili nei riguardi dei giovani che comunque hanno bisogno di modelli a cui fare un riferimento rassicurante e reale, come deve essere il compito principale dei genitori. Lo sappiamo che non è facile essere genitori, e il ricordarlo ai giovani è utile perché sono in grado di capirlo. E’ difficile educare perché educare vuol dire accompagnare il giovane a riuscire a fare a meno di noi. Come si fa, pensando al proprio bambino, ad avere costantemente presente l’immagine dell’adulto che deve diventare e dunque stimolare costantemente in lui le qualità di responsabilità, di libertà, di autonomia, di accettazione della realtà, che è in sostanza la vera educazione? Vi è nei genitori un sentimento di possessione verso i figli molto diffuso e in parte comprensibile. Ora, è bene affermare che un bambino non è dei genitori, non è della società, non è di nessuno, è solo di se stesso. Il compito dell’educazione è dunque di liberarlo gradatamente da noi in senso psicologico. Quanto più si sentirà poi libero, e perciò forte e maturo, tanto più ci sarà riconoscente e vicino. Le difficoltà dei genitori sono dovute anche alle influenze esterne: dei mezzi di comunicazione, della pubblicità, dei conoscenti, ecc. Sono questi mezzi di pressione che premono sul giovane oggi in maniera incessante ed esagerata e che lo rendono nervoso, dispersivo. Una ultima difficoltà è la credenza diffusa nei genitori in una adolescenza necessariamente penosa, tesa, irta di conflitti, che ci fa sentire ansiosi prima che l’adolescenza si manifesti. Gli adolescenti difficili lo sono per motivi identificabili non certo per tradizione. E’ comunque un fatto che l’adolescenza è spesso più un problema dei genitori che non degli adolescenti. I genitori erigono una barriera difensiva come se si sentissero minacciati dai giovani e il dialogo diventa difficile, impossibile. Se è giusto ricordare ai giovani che essere genitori è difficile bisogna anche ricordare ai genitori che essere adolescenti non è facile in società come la nostra. Una società in piena trasformazione non offre un’immagine univoca e netta di ciò che è un adulto esemplare. La nostra società mostra una serie di immagini dell’adulto più o meno accettabili, alcune addirittura inaccettabili del tutto. E’ curioso notare come la nostra società sempre pronta a criticare e a giudicare i giovani, coltiva poi il culto della gioventù. Specialmente la pubblicità invita all’eterna giovinezza. La persona adulta, soprattutto da una certa età in poi non è valorizzata al contrario di quella giovane. La continua metamorfosi di questa società non offre un sistema indiscusso di valori, ma al contrario mostra che ogni valore è continuamente rimesso in questione, non tanto dai giovani quanto dagli adulti stessi. Oltre a ciò il giovane scopre che tutti i valori che gli sono stati insegnati da bambino non sono per nulla applicati dall’adulto nella vita reale. Il periodo dell’adolescenza tende a prolungarsi sempre più, qual è l’età in cui il giovane può affermare di essere giunto alla completa autonomia? Se a questo aggiungiamo il prolungamento degli studi, le migliorate condizioni di vita, insomma tutte le facilitazioni della vita moderna, vedete ciò che ne risulta. Risulta l’assenza di responsabilità reali, vitali, l’assenza di possibilità di impegno. I giovani subiscono perciò una limitazione considerevole delle loro possibilità di autonomia. E’ come se fossero troppo a lungo su una pista di esercizio, senza non poter mai potersi metter in gioco realmente. Vi è poi il problema sessuale, che non è il più importante, come molti sostengono, ma che è pur sempre uno dei problemi chiave dell’adolescenza. Vediamo ora di caratterizzare l’adolescente. Il ragazzo di questa età è generalmente stabile, ben equilibrato, a suo agio nell’universo familiare e in quello scolastico. Questo equilibrio gli permette di soddisfare i suoi bisogni essenziali. Ed ecco che in questo equilibrio sorgono bruscamente diverse modificazioni relativamente rapide, concernenti il corpo e l’organizzazione fisica dell’individuo. Significa che si diventa grandi, che ci si avvicina alla condizione di adulto, che si abbandona la condizione di soggezione infantile. Bisogna sottolineare, perché spesso non ci si pensa, l’apparizione con l’adolescenza, di nuove forme di pensiero, di nuove possibilità di ragionamento che aprono lo spirito del giovane a prospettive finora ignorate, compreso il ragionamento astratto e quello ipotetico unite ad una migliore capacità di comprendere più oggettivamente la realtà. In questa trasformazione l’adolescente sente il peso di una somma di abitudini, di atteggiamenti appresi, di regole antiche, di influenze che ormai fanno parte della sua vita, assiste alla sua trasformazione, la giudica, e cerca di interpretarla, dandole un significato . Egli mette in dubbio se stesso, per la prima volta nella sua vita, e allo stesso tempo mette in dubbio tutto ciò che fino adesso non gli ha creato nessun problema. Ecco che i genitori e tutto il sistema sociale educativo sono presi di mira. Ora si pone il problema di perché debba amare i suoi genitori mentre prima, li aveva amati senza porsi il problema. Anche se può sembrare il contrario è un atteggiamento positivo, senza il quale non si può diventare adulti. Il bambino prima impara a dire no, poi si. Il vero problema del giovane che gli nasce dal dover abbandonare le sicurezze dell’infanzia è la percezione dell’avvicinarsi dello stato adulto, è il problema del suo valore. Se cambio, se sono nuovo in questa società che percepisco in maniera totalmente nuova, chi sono, cosa valgo, valgo qualcosa? Il giovane va alla ricerca di una sua identità personale. In questa età adolescenziale vi è da una parte la tendenza alla meditazione malinconica, amara, la tendenza a ripiegarsi su se stesso, dall’altra la tendenza alle amicizie esclusive, alla vita in piccoli gruppi dove si ricercano le confidenze e i legami di una vera amicizia. Vi è poi la tendenza alle prodezze, agli atti che sbalordiscono, alle eccentricità, tendenza che emana dal bisogno di rassicurarsi e di provare a se stessi che effettivamente si vale qualcosa e che si è interessanti. Non tutti i ragazzi manifestano apertamente queste tendenze. C’è chi tra l’altro, è fornito di un sistema di inibizioni di conformismo, di paure che lo frenano, e allora le stesse tendenze si manifestano in modo fantastico e troviamo lo adolescenti sognatori, che vivono in un mondo immaginario tutto ciò che normalmente dovrebbe essere manifestato esteriormente. In questo contesto che figura fanno i genitori? Fanno la figura di rappresentanti della sicurezza e della soggezione infantile, cioè di quel mondo che l’adolescente si vuole distaccare perché non è più interessante per lui. I genitori hanno conosciuto colui che io non sono più e che non voglio più essere, credono che sono ancora quello che non sono più. Eccoli confrontarsi i giovani con i loro bisogni di affermazione e genitori che non ne vedono la necessità e non capiscono l’aspetto positivo di queste manifestazioni. Il giovane vive allo stesso tempo una certa nostalgia della sicurezza dell’infanzia e l’ansietà di fronte alla novità che si apre davanti a lui e che non sa cosa gli riserverà. Tutto ciò spiega l’incoerenza di cui fanno prova gli adolescenti: chiedono consiglio su cose inutili, ma poi fanno cose sulle quali avremmo voluto dare il nostro consiglio. Oscillano tra la rudezza e le manifestazioni di affetto infantile. Tutto è instabile, tutto contraddittorio. Come reagiscono i genitori ? Reagiscono spesso male, senza capire queste manifestazioni, con imbarazzo e stupore. In fondo, rimpiangono la situazione di tranquillità che caratterizzava il periodo dell’infanzia dei propri ragazzi e cercano di mantenerlo a costo di negare ai figli il diritto di diventare grandi. Il giovane si difende e così aumenta la tensione. Ogni atteggiamento che miri a svalorizzare lo sforzo di identificazione dell’adolescente provoca in questi sentimenti ostili e di rivolta. ”Diventi grande, ma resti sempre il mio bambino” oppure “Prima di parlare di queste cose diventa grande”, queste e altre le frasi che tendono ad abbassare il giovane e che sono sentite dallo stesso come minacce al suo voler diventare adulto. Sono soluzioni autoritarie che non risolvono mai niente. Sembra quasi che il genitore sia deluso dal fatto di vedere farsi grande il proprio “bambino” … Pensiamo al bambino di tre anni che fa progressi quotidiani stimolato e felicitato continuamente …non così per i progressi dell’adolescente che molti adulti cercano di frenare. Da qui nascono le tensioni, in parte inevitabili, ma in molti casi, accentuate e drammatizzate inutilmente che mettono in pericolo la stessa crescita e il divenire del giovane. Se il giovane si sente rifiutato nel suo nuovo stato dai genitori ha tre possibilità di uscita. Può rifiutare la propria evoluzione perché inconciliabile con le esigenze dei genitori, far tacere i nuovi bisogni, rifiutarsi di crescere, perciò lo vediamo divenire passivo, apatico, taciturno, sognatore e perennemente bambino, privo di ogni spirito di indipendenza. E’ il prezzo per continuare a godere della stima dei genitori. Al contrario può ribellarsi ai genitori, nel fare vita separata anche se sotto lo stesso tetto. Il rifiuto dei genitori è sentito come condizione per la propria libertà. Ma questa libertà è solo un’illusione, perché è nella stima che un figlio porta verso i suoi genitori che egli attinge la stima verso se stesso. Il rifiuto dei genitori è di conseguenza il rifiuto di parte di se stesso, una perdita di stima. Se questi giovani riescono ad affermarsi negli studi, nello sport, o in altra attività sociale, potranno ancora adattarsi, altrimenti finiranno per crearsi una personalità molto disturbata, fino nei casi estremi a rasentare la delinquenza, un modo di affermarsi nel male, quale il bullismo. Vi è la terza possibilità quella di far credere ai genitori che nulla è cambiato ma anche questa soluzione non porta ad alcun che di buono. E allora ? Ogni adolescenza, riuscita o meno, foriera di mediocrità anonima, di delinquenza o di una vita adulta feconda e produttiva, trova la sua origine dalla sua educazione dalla sua vita vissuta nella famiglia in un quadro di relazioni e di comunicazione, di esempi e di riferimenti. Molti genitori sembrano non rendersi conto, dicono spesso ai loro figli “Quando sarai grande…” ma si comportano sempre come se i propri figli fossero destinati a rimanere piccoli per sempre. Per diventare grandi occorre un certo allenamento all’autonomia, occorre potersi muovere con un senso di libertà responsabile, che deriva dal seguire un preciso esempio che può derivare unicamente da chiari riferimenti, che fissino le regole e i paletti che però devono essere rispettati primariamente proprio da chi li definisce. Dei genitori che possano essere di sostegno alla crescita e non impedimento, che accompagnino i propri figli nel cammino assecondando il desiderio di divenire grandi, di affermarsi, dando loro la sicurezza di valere e di poter affermarsi in qualche cosa. Tutto questo può essere riassunto così: l’adolescente a bisogno di sentirsi amato, sentire che i genitori attribuiscono loro un valore e che accettano le loro nuove caratteristiche che si trasformano. Questo non è il caso dell’adolescente che è vissuto in un ambiente svalorizzato per lui, in un ambiente eccessivamente autoritario e severo, è un ambiente che lo porta a sentirsi senza valore, cioè a sentirsi un’incapace. Da adolescente sentirà una specie di rifiuto di essere, la paura di divenire grande, il mutismo verso i genitori e spesso un andamento scolastico insufficiente. L’atteggiamento opposto, il permissivismo è parimenti negativo , miscuglio di negligenza, di disinteresse, di pigrizia, che porta il genitore a lasciar fare al proprio figlio tutto ciò che vuole. In un ambiente simile l’adolescente ha imparato che tutto quello che fa è senza importanza e che quindi anche lui è senza importanza, sarà sempre alla ricerca di affetto e di valore, egli interpreta la mancanza di autorità dei genitori come mancanza di affetto. Perché l’individuo sappia dare un senso alla sua vita e alla sua persona deve aver trovato un primo valore nell’amore e nell’accettazione dei suoi genitori, bisogna che questi abbiano mostrato interesse per quello che faceva e questo interesse non può non essere accompagnato da un ragionevole grado di autorità. Occorre comunque dare all’adolescente una zona di libertà sempre più grande nella misura in cui egli cresce, perché un individuo sempre tenuto controllato, mantenuto in uno stato di completa dipendenza, non può diventare un uomo libero e adulto. Bisogna stimolare l’adolescente a decidere da solo, a emanciparsi gradatamente, a liberarsi di noi, permettendogli di sbagliare qualche volta, per voler seguire le sue idee. Se ci interponiamo sempre tra lui e la realtà lo imprigioniamo, gli facciamo vivere una vita artificiale. Dobbiamo incoraggiare i suoi atteggiamenti da adulto entro naturalmente certi limiti. Per diventare adulti occorre avere una certa aspirazione a divenirlo, questo desiderio di diventare adulti implica innanzitutto che nella famiglia ci siano degli adulti , cioè dei genitori che rappresentino un modello allettante di adulto. Perché dovrebbero diventare grandi se noi gli mostrassimo che l’adulto è un essere noioso senza attrattive? Occorre che questi modelli siano alla portata dell’adolescente, sia cioè presente e possa confrontarsi serenamente in una comunicazione sincera e continua. Quanti adolescenti dicono “Con i miei genitori non posso parlare, non mi capiscono…” Si può parlare con i giovani ma una condizione che si cerchi il dialogo e non il monologo. “Ai miei tempi , quando avevo la tua età…” ai giovani questo non interessa perché il genitore finisce per parlare di se stesso, senza occuparsi di lui. Ammettere di sbagliare, è importante perché sbaglia il giovane ma anche l’adulto. Evidentemente gli insegnanti si trovano in una situazione privilegiata per mostrare ai giovani qualche squarcio di vita, di pensiero, di azione adulti. Spesso si limitano a insegnare, a distribuire giudizi, eventualmente a fare dei monologhi ai giovani dall’alto della cattedra. Sotto questo aspetto si comportano probabilmente peggio dei genitori. Che fare quando i problemi con gli adolescenti diventano gravi ? Uno psicologo inglese scrisse che l’adolescenza è la seconda possibilità data ai genitori. Se l’infanzia non ha preparato l’adolescenza possiamo sempre operare affinché questa prepari almeno l’età adulta. Effettivamente il solo modo che si conosca è quello di prendere il giovane sul serio, di rispettare in lui l’essere che sta diventando grande. Cerchiamo di parlare con lui lealmente, come se fosse un adulto. Solo il dialogo valorizzante per il giovane ha l’effetto di ridurre le difese, di scaricare le tensioni e ci permette di capirlo meglio, di entrare nel suo mondo. Credo che non bisogna aver paura dei contrasti dei litigi, delle tensioni, fanno partec della vita, della comunicazione. Quando non vi è più comunicazione allora le cose si mettono veramente male. Tutto ciò domanda molto all’adulto….domanda pazienza e un alto senso di umanità e un entusiasmo del proprio esercizio di genitore e di insegnante, di concedere al giovane quella stima senza la quale non può formarsi l’uomo.
[Modificato da maxis35 06/10/2011 20:24]
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